sabato 18 settembre 2010


Me lo aveva regalato qualche anno prima sotto le feste natalizie dopo che l'avevo rimproverata per non aver comprato la stella di Natale dell'AIL, pur sapendo che io ci tenevo molto. Lì per lì c'era rimasta e mi aveva anche risposto in maniera poco ortodossa, poi la sera era tornata a casa con quel piccolo fagottino di carta colorata e me lo aveva donato con un bacio e senza parole. Eh, lei era fatta così: poche effusioni, poche parole, e tanta concretezza. Da bambina non aveva amato le coccole, anzi aveva mostrato sempre fastidio per le smancerie eccessive; seria e riservata non mi aveva mai permesso di amarla a modo mio, di questo ci soffrivo un po' e lei lo sapeva, per questo ogni tanto mi mandava un messaggio criptato in un piccolo dono ricco di significato. Ora riportandomi l'elfo delle coccole in ospedale mi ripeteva a suo modo che mi voleva bene, che mi era vicina in quel momento e che mi avrebbe voluto presto a casa. Mi venne il magone, ma riuscii a vincermi e mostrando contentezza posi lo gnomo accanto alla sveglia, ricreando un piccolo angolo di casa. Approvata in pieno la lista della spesa, dovetti riconoscere che Valeria se la cavava proprio bene, anche se si lamentava degli uomini di casa che avrebbe voluto più accorti, più collaborativi e , a dir suo, meno menefreghisti. Dopo venivano a trovarmi appunto gli uomini di casa che si lamentavano di lei perchè si era calata troppo nel ruolo diventando una gran rompiscatole. Che dire? Tutto continuava come prima...Piccole beghe familiari, lamentele a non finire e un pizzico di vittimismo per tutti. Pensavo: ma neanche una malattia in pace posso farmi? Poi mi ricredevo perchè quella era la mia quotidianità, l'interagire solito dei miei cari, in un'unica parola, la normalità: ciò di cui avevo bisogno in quel momento.

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