martedì 28 settembre 2010

Seduta davanti alla finestra era bello vedere che fuori la vita scorreva nella normale quotidianità. I panni stesi al sole che quel giorno era radioso: le tutine rosa di una vita appena sbocciata. Una signora lavava il pavimento del balcone: fino a qualche giorno prima anche per me era stato così, ora era tutto diverso, l'ottica era diversa e altre le mie occupazioni: analisi, esami, controlli. Ma non importava perchè volevo vivere e avevo capito che le cose più importanti ora erano altre, diverse da quelle che fino ad una settimana prima mi arrecavano noia e fastidio. Quanto difficile mi ero resa la vita! Era necessario che mi riscattassi. Da questa esperienza, con l'aiuto di Dio, sarei uscita completamente rinnovata, matura,consapevole di me stessa come essere umano nella sua completezza. Era stato un gran brutto accidente ma non era venuto solo per nuocermi. Con le braccia conserte la mano sinistra andò sul bozzo, nodulo, accidente qual dir si voglia (lo avevo chiamato in tanti modi!) ; ondeggiava sotto le mie dita ed era sempre lì, tranquillo ed immutabile a ricordarmi quella forzata luna di miele con il sintomo.
Verso le tre del pomeriggio vennero a chiamarmi per  la R.M.; dovevo  però passare per l'anamnesi dalla dottoressa D. Tutti, dottori, infermieri e persino pazienti la chiamavano con il solo nome di battesimo perchè era bello e musicale, dolce come una fetta di torta alla frutta. Lei stessa, poi, era sempre così disponibile e gentile da meritarsi quel nome che, devo dire, le calzava a pennello, Arrivai nella medicheria, mi fece accomodare e mi chiese: "Da quanto tempo vi siete accorta del nodulo?" "Due mesi." "Avete mai bevuto o fumato?" "No, non ho mai bevuto nè fumato, nè ho familiarità, ho allattato e non ho mai assunto ormoni, eppure mi è venuto questo!" Dissi tutto ciò con impeto e accalorandomi per sottolineare quanto la sorte fosse stata ingiusta con me.

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