lunedì 18 ottobre 2010

Come in un flashback vado a ritroso e torno al marzo di quest'anno, al 19 marzo per la precisione, giorno di San Giuseppe. Una mattina radiosa, un profumo inebriante che sa di primavera, una tranquillità per chi come me sapeva di aver fatto tutto ciò che era da fare e che aspettava pur  con ansia trepidante una risposta. L'esito dell'agobiopsia sarebbe arrivato la settimana seguente e di seguito avrei cominciato la chemioterapia. Dopo tanto pensare e piangere, piano piano mi abituavo all'idea e mi convincevo di volerla vivere al meglio: sì,mi ripetevo,  ci sarei riuscita. Il pensiero che mi tormentava, è inutile dirlo, era che avrei perso i capelli: mi immaginavo di svegliarmi una mattina completamente calva, quasi potessero cadere tutti in una volta sola, poi mi toccavo la testa e la sentivo liscia sotto la mano, poi l'accarezzavo e la trovavo fredda. Come avrei potuto sopportare tutto questo? Dovevo cercare una strategia veloce e farla subito mia, per sopravvivere non solo, perchè sarebbe stata una forzatura e non sarebbe durata a lungo, ma per trovare addirittura il  lato piacevole, un aspetto giocoso di quella condizione che a priori pareva inaccettabile. Fu così che pensai alla parrucca. Ci pensai subito e subito avrei voluto averla. Certo, era questa la strategia da seguire: cominciare ad " accettare " uno stato inevitabile, " apprezzarlo " perchè comunque era la conseguenza di un'azione contro la malattia , " renderlo meno doloroso " ironizzando e giocando a ricoprire un ruolo diverso dal mio, scoprire,  nonostante tutto,  di piacermi lo stesso o forse anche di più.

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