domenica 3 ottobre 2010

Mi pettinavo e mi guardavo allo specchio: mamma mia, in che stato pietoso erano ridotti i miei capelli!  Avevano proprio bisogno di una sistemata; quei giorni in ospedale li avevo trascurati e ora non li riconoscevo più. Benchè da tempo li portassi piuttosto corti, ci tenevo molto ai miei capelli, volevo che fossero sempre in ordine, ben pettinati e con colore e taglio ineccepibili, e ora? Ora avrei dovuto aspettare almeno per la piega se Marisa, la ragazza che lavorava con le mie parrucchiere non avesse dato la sua disponibilità a venire in ospedale; sarebbe stata lì quella domenica mattina sacrificando qualche ora del suo giorno di festa perchè mi era sinceramente affezionata e voleva dimostrarmelo. Cara e dolce ragazza! Ero contenta di questa piccola novità che veniva a rompere  la monotonia delle giornate di ricovero, sarebbe stato come andare in libera uscita col cervello e non pensare per un po' a quello che stavo vivendo. Dei capelli, in verità mi interessava sì e no, sapevo che con la chemioterapia il rischio di perderli era molto elevato ed avevo assunto con essi lo stesso atteggiamento che avevo preso nei confronti del seno: non mi appartenevano più. E mi tornò in mente quello che era successo qualche settimana prima, quando per la prima volta in vita mia comperai un cappello per proteggermi dal freddo. Era particolare, un po' stile anni '30, a calotta con una piccola falda intorno; indossarlo e rabbrividire fu tutt'uno perchè allo specchio, ai miei occhi non apparve la mia immagine con un cappello, bensì una testa senza capelli, me lo ero tolto di colpo mentre sentivo il cuore battere forte. Erano le settimane in cui si insinuava il dubbio, l'ansia cresceva e ogni sensazione anche senza riscontro appariva esagerata. Ora invece attendevo gli eventi che avrebbero dato corpo ai miei timori o alle mie speranze.

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