giovedì 28 ottobre 2010

Nei giorni che seguirono la domenica stetti nel limbo di un'attesa, pregando e sperando. Dall'esito dell'agobiopsia si sarebbe stabilita la mia sorte per i mesi a venire e anche il tipo d'intervento che avrei dovuto affrontare. Col pensiero avrei voluto vivere i giorni futuri per poter vedere che cosa sarebbe accaduto, arrivare alla fine di quel lungo percorso che non avevo ancora iniziato e finalmente respirare. Un anno prima, proprio di quei giorni piangevo perchè Valeria stava per partire alla volta del Messico; che stupidaggine! E quante lacrime sprecate! Quando sentivo perdere il controllo della situazione mi piegavo su me stessa schiacciata dal vittimismo più ostinato. Mi rendevo conto di sbagliare, eppure andavo avanti col piangermi addosso finchè non mi sentivo un po' meglio: l'autocommiserazione era diventata la mia valvola di sfogo e tormento per quelli che vivevano con me. Anche allora, con l'avvento della malattia, a tratti mi sentivo come se fossi stata l'unica a dover affrontare quel problema. Certo che non era così! Avrei dovuto ripetermelo più volte altrimenti avrei vissuto male e con me le persone che condividendo la mia difficoltà, fatalmente si trovavano a soffrirne. Del resto lo sapevo bene che nello stesso momento tante donne pativano come me per lo stesso motivo ed io non dovevo abbattermi, dovevo continuare a... lottare per vincere. A tale scopo non mi ero chiusa in me stessa, avevo confidato la mia pena a tutti, amici, vicini di casa, semplici conoscenti. La solidarietà della gente la sentivo anche quando semplicemente andavo a fare la spesa, perchè la mia amica Sandra, sapendo tutto, mi dava la frutta migliore e la verdura più fresca, e Agostino, il mio macellaio, mi teneva da parte il taglio di carne di prima qualità. E tutte le mie amiche del quartiere? Era un continuo incoraggiarmi da parte loro, senza pietismi ma con parole serene. Così condividendo il mio male con gli altri mi sentivo coccolata, meno sola, meno sfortunata. Quindi non c'era più posto per alcuna forma di vittimismo, sarei cambiata cominciando col considerare il tumore solo un ostacolo che avevo trovato lungo il percorso della mia vita.

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