mercoledì 10 novembre 2010

Al mercoledì santo arrivò il tanto sospirato e temuto esito dell'agobiopsia; me lo consegnò il chirurgo stesso, il dottor F. C. "Siete contenta? Beh, io direi che dovreste proprio esserlo. Al seno sinistro non sono noduli maligni, ma frustoli di ghiandola mammaria." "Allora me lo lascerete?" " Perchè si può mai togliere qualcosa di sano? A meno che non si è pazzi..." Certo ero contenta, ma più che altro mi sentivo un po' alleggerita, come se da una grossa zavorra  fossero stati tolti solo alcuni pesi; se fosse stato possibile gettarla a mare per intero allora sì che sarei stata più che contenta e non avrei rischiato di affogare.
Avevo tanto atteso quel foglio di carta e ora me lo guardavo con sospetto, sapevo di non poter tornare più indietro e quello che intravedevo nel mio immediato futuro non mi piaceva affatto. Quel giorno erano venuti con me e mio marito anche i nostri figli e tutti e quattro insieme andammo a pranzo alla mensa dell'ospedale; non saprei dire che tipo di atmosfera c'era fra di noi, o forse sì, di una serenità forzata perchè comunque un altro passo avanti era stato fatto, e di tensione tenuta a freno nata dal timore che quel passo fosse nel vuoto.
Era il compleanno di Francesco, mio figlio e come venticinque anni prima mi trovavo in ospedale; due situazioni diverse, due stati d'animo totalmente opposti; tanti anni prima ero lì, piena di gioia per dare alla luce una vita nuova, ora invece nel buio dell'angoscia cercavo di tener stretta la mia di vita. Il giorno dopo vi sarei tornata per il prelievo prima dell'inizio della chemio e la mia storia andava avanti mentre il tempo per me scorreva lento tanto da sembrare essersi fermato. Gli avvenimenti, gli eventi, le ricorrenze si susseguivano regolarmente, ma io non vedevo nè sentivo niente, pensavo solo a ciò che avevo e a quello che avrei vissuto mio malgrado.

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