lunedì 29 novembre 2010

Mi sono messa sempre in discussione... sempre e senza attenuanti. La malattia non mi ha esonerato da questo, continuo a... farlo. Mi chiedo, dove ho sbagliato?! Se conosco il suo carattere perchè resto ferita da certi  atteggiamenti? Certamente do per scontato che capisca la mia vulnerabilità, la mia voglia disperata di "risorgere" dal buio di un momento difficile, e dall'altra parte invece è scontato che io l'abbia già fatto. Niente di tutto questo. E' una conquista quotidiana la vita che cerco di riprendermi, la comprensione e l'amore di chi mi sta vicino. Pur consapevole di ciò, non riesco ad evitare lo scontro, forse perchè mi sento destabilizzata, vorrei più certezza e quando mi sembra di averla raggiunta mi sfugge di nuovo, per una parola di troppo o per un abbraccio di meno. Nel momento di maggior presenza da parte sua ho chiesto scusa, per non aver capito, per non aver amato abbastanza; ora sbaglio di nuovo, ma perchè? Probabilmente manca l'umiltà di mettersi a nudo, farsi capire mettendo in gioco quello che si è nel più profondo di se stessi. Però si è sempre in tempo per recuperare quando il legame è molto forte ed io lo desidero con tutto il cuore per potermi sentire sicura e protetta  come quando nelle situazioni difficili mi sentivo accarezzare i capelli ed incoraggiare ad andare avanti senza paura perchè non sarei mai stata sola. Ma non basta; la sensazione di sicurezza così donata mi permetterebbe di essere vicino a lei, mia figlia, senza riserve, di gioire a pieno con lei, di vivere le sue ansie con la medesima intensità, senza timore di "essere troppo," troppo ansiosa, troppo ripetitiva, troppo appiccicosa. Voglio sentirmi libera di darle il mio affetto per come ne sono capace, ma non posso non capire che lei vuol essere amata per quello che è, schiva dei suoi sentimenti, parca di effusioni esagerate, ostinata nell'orgoglio. Ho sempre saputo che era diversa da me, non ho mai voluto ammettere che era unica.

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