martedì 22 febbraio 2011

Passato il matrimonio di Ale era arrivato il momento di contattare il chirurgo per stabilire la data dell'intervento. Avevo tanta paura: l'avrei fatto subito, sin dall'inizio, l'avevo persino desiderato ed ora che era ormai prossimo lo temevo. Ciò che maggiormente mi terrorizzava era il subire l'anestesia, quell'addormentarmi forzatamente senza rendermene conto, lo sprofondare in un sonno troppo simile alla morte. E se non mi fossi più risvegliata? Rabbrividivo, ma non c'era alternativa, quindi era meglio che mi sbrigassi , così non pensandoci più avrei investito maggiori energie sul mio coraggio. L'appuntamento per la visita fu fissato al 15 giugno e in un primo pomeriggio caldissimo d'inizio estate tornai nel luogo dove la mia angoscia aveva preso corpo, il centro di senologia. Ero ancora a casa quando cominciò il batticuore, incontrollabile, e le mani presero ad essere sudate per l'agitazione, ma non potevo lasciarmi trascinare dall'emotività; dovevo dimostrare prima a me stessa e poi ad altri quanto fossi più forte rispetto a tre mesi prima e pienamente in grado di gestire le emozioni. Poichè in questi casi reputo che sia importante anche l'aspetto esteriore, non triste ma "colorato" e gioioso, indossai sui jeans leggeri una camicetta a quadretti bianchi e rossi con le maniche a palloncino, stesi sulle labbra un velo di lucido, e con qualche lieve tocco di dita diedi una sistematina ad alcune ciocche ribelli della parrucca. Tirai poi un bel respiro profondo e... via. Valeria, come sempre mi aveva accompagnato; la guardavo nell'attesa e la vedevo stanca, forse un po' nervosa e ne aveva tutte le ragioni. Perchè noi mamme anche quando potrebbe esserci consentito un pizzico d'egoismo, non dimentichiamo mai il nostro "ruolo", termine in verità improprio per definire quella che è la condizione materna tesa a mettere sempre in primo piano la serenità e il benessere dei figli anche a discapito di se stesse. E il Signore sa quanti sensi di colpa!

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