sabato 30 aprile 2011

Caso mai dovrebbe essere il contrario e così sarebbe dar ragione al detto, "Bisogna sempre guardare indietro", ovvero pensare a chi sta peggio. Guardare la sofferenza altrui, condividerla affiancandola alla propria è una specie di autoterapia che sviluppa la capacità di reagire positivamente, e poichè il fattore psicologico, è risaputo, potenzia la difesa immunitaria, si finisce col vivere meglio quella che si spera possa essere solo una semplice parentesi della vita. Vogliamo dire quindi, "Mal comune mezzo gaudio?" Beh, mettiamola così e non isoliamoci quando il diventare un'isola può renderci "non visibili" persino a noi stessi.
In questo periodo non "mi sono mai fatta i fatti miei", nel senso che i fatti, quelli riguardanti la mia malattia, li ho messi in piazza subito, raccontando quello che mi era successo e come lo stavo vivendo, ottenendo in cambio grande solidarietà e condivisione di esperienze simili alla mia. Non sono mai stata sola. Perchè è così, ognuno è unico col proprio vissuto, ma se ci si stringe in un abbraccio virtuale pur restando unici non si è più soli.
In ospedale quando dovevo affrontare l'intervento con me c'era Luigia, conosciuta solo 24 ore prima; due persone uniche, senza alcun legame apparente che hanno voluto "abbracciarsi" per essere di conforto l'una per l'altra ed annullare il senso di vuoto. Ed io prima di addormentarmi non mi sono sentita sola, così pure lei quando è stata operata di calcoli alla cistifellea, tanto che abbiamo voluto essere dimesse lo stesso giorno per non sentire la mancanza l'una dell'altra. E questo è il grande potere dell'abbraccio.

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