martedì 30 agosto 2016

SILENZIO... TI ASCOLTO


L' altro giorno quando sono entrata nella stanza era solo. Non lo avevo mai incontrato prima. Quando capita una situazione così, nonostante la passione che ci metto sempre, provo un minimo d'imbarazzo. Non conosco Chi ho di fronte, non so nulla di lui... non vorrei cominciare male.
E in effetti stavolta mi pareva di non essere granché ben accetta, comunque...
Ciao, come va...?
Ehhh, come va?! Come vuole Iddio.
Risposta tipica di Chi non vuole continuare.
Mi chiamo Maria. E Tu...?
Mi dice come si chiama, ed io azzardo lì un "ti capisco".
Ah, si?... e perché?
Perché sono una come Te. Che voleva stare da sola perché si sentiva sola.
Forse per curiosità o chissà cosa, ha cominciato quindi Lui a fare domande, e in breve ci siamo entrambi messi in ascolto. Fino a quando ha preso a raccontare di sé. Ed io ho fatto silenzio.
Virtù dell'Ascolto, quello empatico che comincia con le parole e continua a sguardi secondo il ritmo del respiro.
Nella maggioranza dei casi Chi è di fronte vive un momento di angoscia e profondo disinteresse per ciò che lo circonda, e si arrovella nel cercare in se stesso la risposta ad una domanda continua ed inquieta... perché?
Senza trovarla.
A questo punto sarà pure inutile tentare di fornirne una, perché nessuna potrà essere esauriente, e poi a volte neanche servono le parole e basterà una presenza silenziosa che comunque rassicura.
Silenzio o parola giusta al momento giusto?
Resta un compito di una difficoltà inaudita, in quanto non esistono regole precise, le differenze culturali e di personalità possono incidere, e così ciò che può fare star meglio una persona malata non è affatto di aiuto per un'altra. Senza contare le "fluttuazioni" degli stati d'animo per ogni giorno che arriva. O l'alternarsi delle vicende e le speranze logicamente disilluse.
Saper Ascoltare è importante, e soprattutto lo è fare silenzio. Dopo.

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