venerdì 16 giugno 2017

PUNTI DI VISTA



Non sono due foto a caso, hanno un significato preciso, quasi una metafora per immagini.
La stessa immensa vastità considerata da due punti di vista diversi ma dal medesimo soggetto. Un cagnolino, che nella prima si pone di lato e pare voglia evitare, nella seconda invece affronta "di petto" la realtà.
Oggi rileggevo ciò che ho scritto sull'Autostima, poi anche le due righe venute di getto dopo aver concluso, e infine ho ripetuto mentalmente lo scambio di opinione, sentito e a tratti piccato, avuto con un Amico presente all'incontro di lunedì. Non era del tutto d'accordo con ciò che era stato detto.
Sua moglie... diceva... si sarebbe arrabbiata moltissimo a quelle parole di ottimismo rivolte ad accrescere l'Autostima. Ma come si può pensare di recuperarla se devi sostenere quotidianamente una lotta impari con la malattia? E poi che dire di quel sentirsi privilegiati a tal punto da definirla "dono"?
Roba da matti.
Ho riflettuto un po', poi mi sono capitate sotto gli occhi queste due immagini che probabilmente non avrei mai condiviso, perché il cagnolino quasi non si vede e tutto quel verde quasi toglie il fiato. Così in quel momento invece le ho trovate efficaci per quello che avevo da spiegare.
Il "verde" è la realtà, il cane... l'uomo. Procede parallelamente ma non guarda, di fronte invece osserva e coglie il particolare. Anche se non sa perché inconsapevole, per natura incosciente. E' che l'uomo a volte davvero pensa troppo, chiede altrettanto, e per questo non "asseconda" il momento che vive.
All'Amico che aveva tenuto a polemizzare sia pure garbatamente, ho replicato secondo il mio punto di vista.
Per me Autostima ed Ottimismo non sono propriamente collegati tra loro. La prima è una continua tensione che costa gran fatica, non è mai uguale e a volte nei momenti in cui è crisi fa sentire persi. L'Autostima è personale e nessuno e niente può favorirla in maniera genuina. Dall'Ottimismo invece si può essere contagiati, ed è un aiuto per affrontare le difficoltà e quindi pure la malattia. Credere di potercela fare riguarda si e no la risoluzione di un evento indipendente dalla volontà, ma piuttosto "aggiustarne il tiro" per non morire prima... dentro.
La questione poi del "dono", diciamo così, è un po' azzardato ma è anche questo un modo per non sentirsi perseguitati, vittime innocenti.
Io ho sempre chiamato la mia malattia, "avviso di garanzia", e questi anni che vivo, "proroga di sfratto". Ho ansia e timore per un ritorno, ma poi cerco di non pensarci, non perdere tempo e sfruttare al massimo l'"opportunità" per me e gli Altri. E in questo penso di potercela fare. Sempre. Ecco... questa è la stima che ho di me. Non credo sia illusione né delirio di onnipotenza. Semplice accomodamento da originale punto di vista.

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