mercoledì 1 novembre 2017

CORAGGIO... CONSAPEVOLEZZA... MOTIVAZIONI


Non si finisce mai di imparare, non si è mai formati abbastanza quando si intende anche solo lambire l'animo umano, soprattutto nella sofferenza.
Stasera primo dei 6 incontri del Corso di 2° livello per volontari in reparto, un gruppo di giusto numero di partecipanti, affatto numeroso, che hanno esposto le proprie motivazioni, ovvero ciò che li ha spinti a questa non facile scelta. Premesso e sperando che non sia stato per colmare un vuoto, ognuno ha parlato della Sua esperienza che confrontata con le altre ha presentato molti punti in comune, pure se all'interpellato del momento quella ascoltata precedentemente pareva essere più forte, dolorosa e per questo molto motivante.
Si sceglie quindi di "essere", non "fare" i volontari, anche se spesso è la Vita che lo vuole o impone. E' scelta coraggiosa che presuppone una partecipazione empatica e la volontà di non arrendersi alla "fatica".
Si è volontari nella quotidianità e in ogni luogo, e non solo in un ambito ristretto. E' dovere civile per migliorare un aspetto della società, è pure morale e religioso ove nel volto del malato si continui a vedere quello di Cristo.
Dedicarsi al volontariato richiede una formazione permanente, che nel caso specifico del GAMA ricorre ad ogni incontro di mutuo aiuto, dove si impara a gestire le relazioni e le emozioni relative alla malattia.
In sintesi dei volontari consapevoli, che non si improvvisano, tengono a formarsi, e poi si confrontano per primi con se stessi. Ove sono carenti, si impegnano a colmare. Quando cadono in errore, si correggono senza "fustigarsi", per poi riprendere con serenità.
Serenità... la prima "dote" da trasmettere, perché è quella che si contrappone silente e benefica a Dolore e Sofferenza. Il Dolore, fisico, acuto e dalla sensazione immediata. La Sofferenza, che coinvolge anche l'animo e si prolunga nel tempo.
Il Dolore è un linguaggio, un codice affettivo, che comunica e necessita di risposte che apportino sollievo. Spesso è l'occasione-tramite per una "comunicazione" e scambio all'interno di una relazione a volte cercata ma comunque necessaria.
I volontari devono imparare ad interpretare tale linguaggio per diventare strumenti di sostegno. Un supporto a Chi chiede aiuto senza esprimerlo a parole. Dovranno essere sempre se stessi, ma pure intuitivi, accorti nella scelta delle parole, e soprattutto empatici. Quindi impostare la "relazione" in modo giusto, e verificare se si è davvero capaci di porre se stessi nella mente di Chi sta di fronte, sforzandosi di guardare le cose dal suo punto di vista.
Evitare un atteggiamento indifferente o distaccato, impersonale, freddo. Ma anche quello ispirato al pietismo, in quanto può far perdere il controllo della situazione stessa.
Essere vicino... e la "continuità relazionale" è molto importante... ad un paziente che ha un iter di malattia con un'evoluzione spesso negativa comporta il crearsi e l'accumularsi di tensioni emotive molto intense. I pazienti tenderanno a proiettare su chi lo assiste la propria angoscia di morte che deve essere rielaborata per poter tornare alla malattia in maniera positiva. Da solo probabilmente un volontario non riuscirà, sarà necessario perciò avere la possibilità di lavorare in ambito multidisciplinare, sapere a Chi rivolgersi nei momenti inevitabili di disorientamento. Anche creare un lavoro di equipe con gli altri volontari potrà potenziare la forza e capacità del singolo e gli effetti del sostegno.

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