lunedì 18 dicembre 2017

AMORE A LENTO RILASCIO


Ultima settimana frenetica prima di Natale. Si accendono ancora luci, ci si affanna per le strade e nei negozi, si fa il pieno di rumore, per non pensare. E si perde il senso del Natale.
Devo ammettere che un tempo anche per me era così, e forse per questo ogni anno ero sempre più inquieta, irritabile, non vedevo l'ora che passasse tutto e facesse pure in fretta. Ho cominciato a capire proprio quel Natale di otto anni fa, quando la serenità a disposizione mi scivolava via come sabbia tra le dita. E non pensavo ad alcun regalo, ma ad un "surplus" di affetto e presenze. Ciò che in fondo serve davvero per sentirsi appagati, basti pensare che un sorriso può cambiare il corso di una giornata, e un abbraccio addirittura il metabolismo.
Col passare degli anni poi, questo bisogno di "vicinanza" aumenta, e la "presenza" diventa alla fine linfa vitale per l'età avanzata. Io sento già le avvisaglie di tale esigenza.
Come ogni sabato, oggi sono stata sola in casa e ho pensato a questo, a tratti mi ha preso anche un po' di malinconia, poi per coincidenza che tanto coincidenza di sicuro non è, mi è capitato tra le mani il libro che acquistai l'anno scorso a Matera, guarda caso proprio in questi giorni, "Storie di Natale d'Avvento e d'Epifania", di Bruno Ferrero. Sfogliandolo, mi sono fermata ad una pagina che in alto portava il titolo...
I REGALI NELLO SGABUZZINO
Il postino suonò due volte. Mancavano cinque giorni a Natale. Aveva fra le braccia un grosso pacco avvolto in carta preziosamente disegnata e legato con nastri dorati. «Avanti», disse una voce dall'interno. Il postino entrò. Era una casa malandata, si trovò in una stanza piena d'ombre e di polvere. Seduto in una poltrona c'era un vecchio. «Guardi che stupendo paccone di Natale!» disse allegramente il postino. «Grazie. Lo metta pure per terra», disse il vecchio con la voce più triste che mai. Il postino rimase imbambolato con il grosso pacco in mano. Intuiva benissimo che il pacco era pieno di cose buone e quel vecchio non aveva certo l'aria di spassarsela bene. Allora, perché era così triste? «Ma, signore, non dovrebbe fare un po' di festa a questo magnifico regalo?». «Non posso... Non posso proprio», disse il vecchio con le lacrime agli occhi. E raccontò al postino la storia della figlia che si era sposata nella città vicina ed era diventata ricca. Tutti gli anni gli mandava un pacco, per Natale, con un bigliettino... «Da tua figlia Luisa e marito». Mai un augurio personale, una visita, un invito, «Vieni a passare il Natale con noi». «Venga a vedere», aggiunse il vecchio e si alzò stancamente. Il postino lo seguì fino ad uno sgabuzzino. Il vecchio aprì la porta. «Ma...» fece il postino. Lo sgabuzzino traboccava di regali natalizi. Erano tutti quelli dei Natali precedenti. Intatti, con la loro preziosa carta e i nastri luccicanti. «Ma non li ha neanche aperti!» esclamò il postino allibito. «No», disse mestamente il vecchio. «Non c'è amore dentro».
Già... a che cosa serve una grande apparenza senza una consistente sostanza?
Prendersi cura delle Persone richiede di forze e Cuore un grande impegno, distribuito nel tempo e non "rovesciato" addosso in un solo giorno per dovere o perché così si fa per evitare critiche e rogne.
E perciò... metaforicamente... io, se mi va, le luci le accendo due giorni dopo Natale, e il presepe lo tengo tutto l'anno. Promemoria di Amore a lento rilascio.

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