mercoledì 31 gennaio 2018

COME CENERE


Succede che quando vivi qualcosa con profondo senso d'ingiustizia, provi un dispiacere tale che all'inizio non fai che pensarci e parlarne all'infinito, poi all'improvviso ti andrebbe di non farlo, non pensarci più ed archiviare la cosa, celando persino a te l'entità di ciò che provi.
Ma questo non è possibile, se prima non avrai messo fuori attraverso ricordi e considerazioni il turbamento vario, dopo è come aver fatto un gran falò di quello che non serve più, e tutta la cenere sollevata dal vento del disappunto ti scenderà addosso, fastidiosa e pesante.
Descrizione del mio attuale stato d'animo, disagio provato un po' di anni fa che mi fece sentire per un certo periodo in balia delle onde, alquanto destabilizzata, e che alla fine superai, anche questo senza voler dimenticare. Ora mi sento forte, in grado di elaborare più in fretta, ma non è di me che mi preoccupo, sono le Persone che in questo stato di cose vedo più fragili ed indifese. Chi passa da un dubbio all'altro, Chi vive un brutto ritorno... Chi si sente abbandonato e con un futuro ancora più incerto. Vorrei stringere tutti in un grande ed interminabile abbraccio, perché l'inevitabile cenere non si posasse su di Loro ma sulle mie braccia, ho le braccia forti, nonostante i limiti imposti dagli accidenti, ricordo della malattia. E poi, passato il tempo giusto, aiutarli di nuovo parlando ogni volta d'altro, sempre d'altro come un tempo.
Un giorno nell'ambito di un preciso contesto azzardai che di certo non avrei avuto bisogno di una struttura per continuare ciò che facevo, che poi null'altro era che la seconda parte di "una storia", una tra tante, fatta di sofferenza e ricca di speranza. Per ricavarne il meglio si trattava di viverla nella condivisione, nell'immediatezza del quotidiano per sdrammatizzarla e renderla quasi "normale".
Per questa "terapia dell'Anima", come ho sempre chiamato il dedicarmi agli Altri, tutto sommato non serve l'ambiente ospedaliero, ogni posto può essere quello giusto. Uniche condizioni indispensabili, la disponibilità all'ascolto e la comprensione, motivate da un pensiero coraggioso...
se ce la faccio io, possono farcela tutti. E funzionerebbe sempre, se l'essere umano in varia veste e con grande egoismo, ed incoscienza si e no, non facesse di tutto per smontare tale convinzione.

martedì 30 gennaio 2018

SE SOLO SI POTESSE IMMAGINARE


I miei pensieri stasera, non per amor di polemica ma quasi uno sfogo, tra ricordi e considerazioni, con metafore ed anche parole dirette.
Perché tutto questo proprio oggi? Meglio subito, per poi al solito voltare pagina e ricominciare, ché Noi... e mi ci metto anch'io, paziente tranquilla sotto ogni aspetto... non ci possiamo permettere il lusso di piangere sul latte versato da altri. Dobbiamo guardare avanti, ci dicono e lo facciamo, ma non prima di aver sostato a guardare indietro, dato un'occhiata intorno e in fretta distolto lo sguardo, per non sentirci soli, ridotti a rotismi di un meccanismo che con presunzione si vorrebbe definire preciso.
Quando alla fine del mio percorso di cura presi ad essere accanto a qualcuno, più di uno, a tanti nel tempo, ero presa da così grande euforia che trasmettevo entusiasmo col solo sguardo, poi fiducia col sorriso e l'abbraccio, tanti abbracci stretti che sollevavano dalla paura di non farcela. Una persona mi paragonò al generatore di corrente, che si rigenera a sua volta, perché non manifestavo mai stanchezza, anzi ero sempre più... più di quello che si potesse immaginare. Poi un giorno una paziente esclamò all'improvviso... peccato, non potevi essere il nostro medico? Mi colse di sorpresa e mi limitai a sorridere scuotendo la testa, ma a casa feci di nuovo la domanda a me stessa...
Perché non ho mai pensato di fare il medico? Sarebbe stato anche comodo un medico in famiglia, d'altra parte da sempre accudente, paziente, la gente mi piaceva senza alcuna distinzione, e poi...? Magari... fama e niente... fame. Già, il riscontro economico... i soldi, cedendo a qualche piccolo compromesso... a discapito di qualcun'altro? ... dopo tutto, che fa?
Ecco, su questo punto non mi trovai d'accordo, provai un nodo allo stomaco, mi venne il magone. Sarà stato perché dal pieno di quella storia ero appena uscita, o anche perché fissa era l'immagine del giorno che avevo messo piede per la prima volta in un reparto di oncologia e tutto mi pareva così estraneo da voler cercare supporto in un OSS che avevo scambiato per un medico. A quella persona in seguito mi ero affezionata a tal punto che ancora l'abbraccio con immutato affetto quando l'incontro per quelle "sudate scale" che un tempo sembravano interminabili.
Ecco, se avessi fatto il medico mi avrebbero radiato subito, mi avrebbero fatto radiare perché non avrei ceduto ai compromessi, sarei stata "troppo" di tutto ciò che un medico è meglio che non sia, in senso buono ovviamente, oppure sarei stata un dottore senza fissa dimora, in cerca di pace, dove poter mantener fede al giuramento di Ippocrate, e non temere niente, meno che mai, il merito sottovalutato. Perché io ero stata dall'altra parte, ed ora in quest'altra non avevo bisogno di immaginare. Consapevole di tutto, dall'"A" alla "Z".

lunedì 29 gennaio 2018

COME DA UNO SPECCHIO



Tra sacro e profano, immagine riflessa di coerenza, sempre nella piena convinzione di aver fatto la scelta giusta, imboccato la via migliore.
Pensiero formulato stamane, osservando la superficie piana e cinerina della Laguna di Lesina.
Come sempre dopo la celebrazione domenicale, abbiamo fatto un giro, ed oggi passeggiando sul lungolago più volte ci siamo fermati per qualche scatto, che per me sempre coincide con una riflessione.
La Parola di oggi parlava di scelte e coerenza, di persistenti convinzioni tali da non cambiare mai strada, e avere di sé la stessa stima fino alla fine. Poter insomma guardarsi allo specchio e riconoscersi.
Poi... ammiro il lago argenteo, fermo e lucido come uno specchio, e la similitudine appare chiara, come un'immagine riflessa.
L'opaca luminosità di questa giornata invernale donava all'ambiente un effetto flou, le case dalle facciate diverse per colore richiamavano quelle di una cittadina olandese, basse, allineate come fatte di mattoncini delle costruzioni. Un paesaggio un po' magico e tanto naif.
Sul ponticello di legno un bambino saltellante per sentire il rumore dei suoi stivaletti, ed un cagnolino al guinzaglio, scodinzolante e felice. Mi viene da pensare che ogni tanto almeno dovremmo vivere come i bambini e gli animali, serenamente inconsapevoli e in pieno gioiosi del momento presente.
Senza far troppo riferimento al passato, ché tanto è passato, e non pensando al futuro che nessuno può sapere. Magari e al massimo a quest'ultimo potremo riconoscere solo un grande merito, arrivare un giorno alla volta. E allora perché da parte nostra tanto affanno? Sia idealmente ogni giorno come una domenica serena, e così sempre sarà a divenire...

domenica 28 gennaio 2018

MEMORIE

Continuo a vivere, non sopravvivo in questo tempo che mi è dato, e a maggior ragione trovo la vita bella e ricca di significato. Perché se tanto dolore non allarga i Nostri orizzonti, liberandoci dalle piccolezze e dal superfluo, veramente è stato inutile.
Riflessioni del giorno appena trascorso, non una giornata qualunque, ma definita della "memoria".
Non mi piacciono le celebrazioni "fisse", a bella forza, come fosse possibile relegare in un breve arco di tempo un evento che causò dolore per anni, e forse dura ancora nello specifico finché saranno vivi i testimoni, allora bambini sfuggiti per miracolo alla morte. Ma ho imparato ad apprezzare la Vita e a comprenderne in pieno il valore, quindi ora più che mai non posso passare oltre e al giorno della memoria, per non dimenticare, da me qualche pensiero, forse solo un cenno ma che non siano solo tre parole fra tante.
Come spesso succede in occasioni del genere, facilmente si cade nella retorica, e ciò che provo non può essere banalizzato da frasi fatte perchè alla fin dei conti si parla sempre di Vita, di quella che fu negata a milioni di persone a causa della lucida follia di pochi, odio per falsa ideologia e sete di potere. Persero la vita, e di loro oggi si parla di memoria, il ricordo di un popolo che patì, ma di ogni singolo uomo, qualsiasi donna, indifeso bambino Chi alla fine si ricorda?
La "malattia" come la "guerra"...
E' da poco trascorso il giorno della memoria, ed è inevitabile per me un confronto del genere, ora più di prima. Da volontaria "tirocinante a vita" in un reparto di oncologia sono spettatrice di una lotta senza esclusione di colpi ove eroi speciali di una vita normale si battono per il diritto ad esistere. Perchè hanno ancora da donare... vedere, per non essere dimenticati.
Perchè è questa l'angoscia che tormenta i pazienti come Noi... essere cancellati dalla "memoria generale".
Ricordo ancora gli occhi lucidi di mia suocera quando ci chiese... mi scorderete? Quelle parole mi restarono impresse dentro, intatte anche nel suono, e nel momento che poi toccò a me ne capii ancora di più il significato.
Essere scordati... forse solo un vago pensiero ogni tanto. Il normale proseguimento di una vita frenetica, fatta di attese, progetti... realizzazioni, tempo che va via veloce, non può essere sprecato in malinconie che inseguono sagome sbiadite ed eco di voci. Giuro, durante la malattia questo pensiero mi dava il maggior dolore, mi sfiancava quasi e mentre sentivo di cedere, uno spirito di ribellione e rivalsa mi rimetteva in piedi, come un colpo di reni all'improvviso.
Forse perché ognuno è parte di un "Tutto", il dramma di uno solo pare contenere in sé le tracce di una tragedia dell'umanità. Come succede ai cerchi concentrici quando si getta un sasso nell'acqua... dal centro e poi si allargano, e dalla periferia al centro. Molti i punti in comune, tutto seguendo una logica naturale, pure se dolorosa. Ché poi è così... si accettano le cose così come sono, si vivono come momenti temporanei restando lucidi e fermi, credendo con forza che qualcosa cambierà. Non può non essere così, altrimenti non avrebbe senso una vita che continua, nonostante tutto.

sabato 27 gennaio 2018

NON ESISTE CIELO CHE NON SI COPRA DI NUBI...


Ed anche la giornata odierna è passata. Ero certa che sarebbe andata così perché gli esami avevano dato esito felice, e poi sono quasi otto anni ormai, lo 048 mi ha salutato definitivamente, insomma non c'era altro da dire... rimandata ad un anno con il sorriso ed una pacca sulla spalla.
Un anno... dodici mesi, più che una proroga... serenità con "licenza" di vivere. Uno "stand by" più convincente per me da ora in poi, ufficialmente tra i "lungosopravviventi". Il termine, in verità, piace poco ma lo faccio ugualmente mio, per sentire dentro la briciola di eternità che mi serve. Ho tanto da fare perché ho voglia di fare, e tra gli ambienti che mi sono familiari voglio muovermi per lasciare un segno di come si può vivere un giorno come fosse una vita intera. Non che io sia brava in questo, anzi... però sono attenta ad imparare dagli Altri che bravi lo sono molto più di me.
E mi regalano il saluto affettuoso e il sorriso quando mi rivedono dopo molti mesi...
Dai, non dirmi che non mi hai riconosciuto. Sono di nuovo qui, che vuoi farci...
Già, i famosi e indesiderati "ritorni di fiamma" di amori incredibili che alla fine non sgomentano più, perché pur di vivere con qualità si cerca e si trova il lato positivo, come rivedersi e condividere le ore di pausa forzata.
E ancora, la "tosta nonnina"...
Mari', ma quann' aggia fini'?
Ed io... ma che ti interessa, l'importante è che ci vediamo e poi la salute va così così.
Lo sai, tieni ragione. Perché se poi finisco, a te non ti vedo più...
E ancora io, facendo spallucce e inarcando le sopracciglia, sorrido in silenzio.
Ho capito, è meglio che continuo. Ma intanto, tu la visita l'hai fatta? Ché se stai bene tu, stiamo bene tutti quanti perché ci fai coraggio.
Ecco, poche parole come raggio di sole a rischiarare un cielo che a tratti e per tante volte si è coperto di nubi. Perciò da oggi sereno sempre, perché se al momento tutto è andato come doveva andare, l'impegno preso è serio. Bello stabile sarà.

PER ASCIUGARE CERTE LACRIME...


Ci vuole un bel coraggio. Si, ce ne vuole e pure tanto. Non è un pianto dirotto, a volte è una lacrima sola che riga la guancia ma comunque fa venire la pelle d'oca e lascia senza parole. Allora si può solo porgere il fazzoletto con discrezione e delicatezza, e dall'altra parte sarà la dignità a dire grazie e ricomporsi.
Dopo un certo tempo che sei in un reparto di oncologia, avrai fatto l'abitudine alle teste senza capelli o coi turbanti e le bandane, alle parrucche, persino ai volti pallidi e agli occhi cerchiati, ma quello che sempre porterà sgomento sarà vedere un uomo che piange una sola lacrima, e mentre lo fa e cerca di mascherarla con un mezzo sorriso, rivela tutto il dolore per un amore perso in breve tempo, solo sei mesi, neppure quelli sufficienti a rendersi conto di ciò che sta succedendo.
Oggi a me è capitato proprio questo, e sono rimasta senza parole e me lo sono meritato, perché ho voluto leggere in uno sguardo con la pretesa di interpretare il senso di sfiducia e tradurlo nel suo contrario.
La mia è una storia particolare... mi è stato risposto... solo un anno fa ho perso mia moglie, un tumore inoperabile e refrattario alla chemioterapia...
Sono rimasta di ghiaccio già ad udire tanta negazione di speranza, poi... è stato un attimo... e mi sono riconnessa al momento presente. Solo un anno prima un così grande dolore, ed ora... pure lui, ma come si fa in questi casi ad articolare una frase, dico... una sola frase di senso compiuto? Ho cominciato, ma dopo un po' annaspando, ho rinunciato. Sono rimasta così, in silenzio e Lui, incoraggiato lo ha preso come un invito e si è raccontato. C'era tanto altro dietro quegli occhi lucidi e sgomenti, io ho colto il senso di tutto quanto, c'ho trovato pure delle risposte. Il vero dolore, il giusto rammarico, il lucido rimpianto... solo per questo può esserci la stizzosa rabbia che non si vorrebbe mai aver provato.
Ci sono storie che lasciano senza parole. Si va per cercarle, ci si mette tutto l'impegno possibile, però...
Perché tanto dolore pare ingiusto, e l'Amore disatteso o perso, senza una ragione.

venerdì 26 gennaio 2018

NEL SILENZIO CHE RIPORTA ALLE ORIGINI


E di nuovo Noi, dopo una lunga pausa coi "mercoledì", sempre e pure spesso ed anche volentieri alla ricerca di cieli azzurri, ché a ben guardare ci sono sempre, e a trovarli serve solo la buona volontà.
Così oggi verso il Molise, e precisamente diretti a Tufara, in provincia di Campobasso. Dopo circa un'ora d'auto è comparsa seminascosta tra il verde, qualche tornante in salita e ci siamo trovati dentro.
I profumi soliti delle località di montagna ed un silenzio strano per quell'ora del mattino, poiché erano le 10,30 e pareva che l'orologio fosse fermo a due ore prima, condizionando fortemente l'andamento del giorno. E' che in paesi di anime che non arrivano al migliaio, devi metterti d'impegno per scovarne una che incroci il tuo cammino, mentre di rimando ti muovi, passeggi, fai qualche scatto e senti decine di occhi addosso, come fossi sorvegliato speciale. Perché tutto è a misura d'uomo nel vero senso della parola, persino chi si trova a calcare l'asfalto della piazza, ascoltare la melodia degli zampilli nella fontana a stella di fronte al municipio, prendere un caffè nell'unico bar aperto, che pare una baita e baita non è. Per qualche ora si diventa (s)oggetti di studio di persone dai cinquant'anni in su, popolazione anziana di un paese che avvolto in un silenzio che lascia distinguere suoni, rumori e voci, pare voglia tornare alle origini ma senza fretta.
Un cane, qualche gatto... uno in particolare, seduto sulle scale di un vicolo, non si muove, sembra finto, scultura trompe l'oleil, e invece resta in posa... o scruta pure lui? Chissà... misteri di un orologio che va senza lancette.
Volo di corvi intorno al castello di origine longobarda, più in basso, all'ombra di una grande quercia, una minuscola fontana al suo confronto, con il suo bravo zampillo d'acqua quasi rumoroso in tanto silenzio. Dall'acqua si proviene, con l'acqua si conclude, nel "cerchio" reale in cui è racchiuso il paese accostato con un minimo d'azzardo a quello ideale della vita. Ecco, anche a questo porta il silenzio, a riflettere, meditare, ritrovare se stessi. Ad accantonare le recenti ansie, alleggerire il peso di fatiche e delusioni, in un limbo senza tempo.

mercoledì 24 gennaio 2018

FILOSOFIA DI VITA O PER CARATTERE? (parte seconda)


In realtà dell'apparente cambiamento apportato dalla "malattia" c'è una spiegazione puramente scientifica, che in un certo senso fa riferimento alla teoria di Mendel, il quale coi suoi studi sui piselli gettò le basi per la conoscenza dei complessi meccanismi dell'ereditarietà.
Il genotipo è il corredo genetico di un individuo. Ogni organismo eredita dai genitori il corredo genetico e possiede una specifica combinazione di geni, che in parte sono alla base della sua unicità. Ogni gene contribuisce in maniera diversa allo sviluppo e alla fisiologia dell’organismo e l’interazione dei prodotti genici è responsabile della formazione dell’intero organismo e di tutte le sue caratteristiche.
Dal genotipo e dalle interazioni tra geni e ambiente dipende il fenotipo che è l'insieme dei caratteri che l'individuo manifesta anche a livello psicoemotivo in maniera più o meno evidente. Quando nella vita fa irruzione un evento traumatico, la risposta dei fenotipi predominanti per numero ne determinerà la risposta. Ciò spiega come in presenza di uguale malattia, stesso percorso terapeutico e identica evoluzione si possa osservare un atteggiamento diverso da parte di due amici e persino di fratelli.
Allora verrà da chiedersi, chi dei due vive meglio? L'ansioso che si premura con scrupolo di sottoporsi ad ogni esame di controllo prescritto ed anche oltre, o il fatalista... chiamiamolo così... che si gode il momento "felice" senza preoccuparsi di quel che potrebbe essere di nuovo, pensando che "tanto quando deve morire, muore lo stesso", controlli o meno. E' filosofia di vita o questione di carattere? Diremo che una filosofia di vita dipende dal carattere, facendo però delle distinzioni perché il termine, carattere, espresso così è alquanto generico. Distingueremo il temperamento dal carattere e pure dalla personalità, perché spesso si fa confusione pensando di esprimere con tre termini diversi lo stesso concetto.
Il TEMPERAMENTO è una tendenza di costituzione, geneticamente predisposta, poi mediata dal carattere e da fattori ormonali e da neurotrasmettitori. Per temperamento si può essere estroversi o introversi, timidi o sicuri di sé e perciò spigliati, docili o tendenzialmente ribelli.
Il CARATTERE riassume i comportamenti abituali e distintivi di una persona, ovvero descrive il suo modo peculiare di interagire con l'ambiente e gli eventi.
La sintesi tra temperamento e carattere è la PERSONALITA', frutto dell'interazione tra fattori innati e appresi.
Per rendere in immagine ciò che è stato detto, immagineremo una matrioska di tre elementi, la bambolina più piccola è il temperamento, la seconda sarà il carattere, la terza le conterrà entrambe, e alla vista infine eccone una sola, comunque con le altre in armonia.

martedì 23 gennaio 2018

FILOSOFIA DI VITA O PER CARATTERE? (parte prima)


Nuovo incontro del GAMA, al solito di grande interesse ma questa volta nulla di predisposto e preparato, tutto all'impronta e comunque stimolante.
Siamo tornati inizialmente sull'attività della volta scorsa, la simulata o Role Playing, di nuovo molte critiche che hanno messo in luce un prevalente disagio nel gruppo, non ancora pronto per esperienze del genere. Si è deciso allora di accantonare l'idea almeno per il momento e passare ad un'altra proposta, accolta invece con un entusiasmo diverso. Approcciare ad una tecnica adottata in psicologia, alla cui base c'è l'utilizzo delle immagini per lo studio delle emozioni e dell'attenzione, denominata IAPS (International Affective Picture System).
Si propone al soggetto una serie di foto a colori che spaziano da oggetti e scene di tutti i giorni a scene estremamente crude o eccitanti. Si comincia di solito con immagini di animali che possono suscitare sia tenerezza che repulsione o disgusto, per poi arrivare gradatamente a quelle di corpi mutilati e nudi erotici.
Scopo e caratteristica di tale tecnica è stimolare tramite la serie di foto, emozioni che saranno spiegate dalla valenza, dall'eccitazione e dall'autocontrollo.
Col consenso unanime la proposta sarà messa in atto nei prossimi incontri.
Uno dei Nostri nuovi volontari, "guaritore ferito" che, uscito dal pieno della malattia non ha mai smesso comunque di guardare lucidamente la realtà, ha voluto quindi leggere un Suo scritto, l'esperienza della malattia che elaborata si trasforma in opportunità. Egli si è ritrovato "persona migliore" che intende mettersi al servizio di Altri incappati nella stessa vicenda, per essere di supporto e aiuto alla scoperta dell'altra faccia della medaglia. Qualcuno ha replicato che in realtà Lui buono lo è sempre stato, e la malattia ha messo fuori solo ciò che era da sempre e che non sapeva di essere.
Ma è proprio esattamente così...?
(continua...)

SORPRESA DA TOCCHI DI ORIGINALITA' INASPETTATA


Uscire per una passeggiata fuori porta la domenica mattina, non c'è che dire, può accomodarti la giornata, anche se l'umore non è proprio al top e la stanchezza per tensioni varie accumulate si fa sentire. E' atto di "piccolo coraggio", un passo visibile e ideale oltre la soglia concreta e metaforica, e sicuro... non te ne penti.
Non avevo trascorso una buona nottata, però sia pure con lentezza e scarsa volontà mi sono preparata e con mio marito ci siamo messi sulla strada per Faeto, la località che per i suoi 866 m. sul livello del mare risulta essere il comune più alto del Subappennino Dauno.
Su nel cielo scherzi di nuvole che in alcuni punti, più basse facevano da corona ai monti. La strada tutta curve soprattutto nell'ultimo tratto, rendeva alla nuda vista la meta vicina e pure lontana, poi finalmente all'ultima svolta il "benvenuto" in lingua provenzale, idioma che unito a quello locale rende gli abitanti originali bilingue.
Un'erta salita conduce alla Chiesa Madre, attualmente in fase di restauro, per cui la celebrazione domenicale si è tenuta in una sala che porta al campanile. Piccola ma sufficiente ad accogliere parte dei pochi abitanti del paese e persino me, turista non proprio per caso. Una breve omelia con un cenno al Vangelo di "pescatori di uomini", alla santa del giorno, Agnese vergine e martire, e alla memoria dell'anziana perpetua volata in cielo qualche giorno fa, "spentasi per volere di Dio ma morta sana come un pesce".
Dovrebbero essere tutte così le omelie, comprensibili e rasserenanti, ove la morte davvero diventa evento naturale, inevitabile ma avulso dal concetto di sofferenza.
Dopo la santa messa, un giro per i vicoli de borgo storico tutto in salita e ricco in più punti di spunti di inaspettata originalità. Una sedia cachepot, un piccolo galletto che indica un numero civico, vasi che pendono da grate alle finestre, e nell'aria il solito odore dei paesi montani, di legna bruciata ma qui con una nota diversa, originale anche questa che sa di ginepro e a tratti di incenso...
All'improvviso col cielo a metà, azzurro da un lato e grigio dall'altro, comincia a piovere. Si deve tornare a casa mentre alto e trionfante s'inarca e c'accompagna l'arcobaleno.

domenica 21 gennaio 2018

PERCHE' CONTINUO PER IL GRUPPO PUBBLICO



Torno sull'argomento esattamente tre anni dopo aver preso a sostenerlo anche con motivazioni a mio parere valide. Il gruppo, "CONTINUARE A.. parlarne con speranza" nasce nell'agosto del 2012, pubblico e aperto alla speranza condivisa. In verità fin dall'inizio non mi posi nemmeno la domanda... pubblico o chiuso? Per come la vedevo io, tutto doveva essere per Tutti, dal nome di Chi faceva richiesta, alle opinioni e storie, ai consensi e pure dissensi, formulati in piena libertà e nel rispetto reciproco. La cosa fu accolta con entusiasmo, e di conseguenza alimentò in me motivazione e coraggio, si cominciò a condividere, qualcuno prese a raccontarsi, poi ad un certo punto ci fu quasi una battuta d'arresto. Solo link banali, qualche preghiera scopiazzata in tutta fretta, "like" spicci e senza commento. Ammetto che un po' mi sfiduciai, ma non mi arresi e continuai a scrivere i "pensieri prima di andare" ogni sera, proprio come stasera. Qualcuno allora mi suggerì... perché non porti questo gruppo da pubblico a chiuso, magari in questo modo avranno più coraggio di condividere storie e stati d'animo. Ed io che non condividevo, proposi ugualmente un democratico sondaggio... gruppo chiuso, si o no? Pur di stretta misura vinse il "no", e si decise di andare avanti così come da sempre era stato, a questo punto non me ne feci più un problema, se pubblico voleva dire anche "lento" avremmo fatto nostro quel che si dice della lumaca. Chi va piano, va sano e va lontano... con una nota propositiva in più... e non si arrende mai.
Ogni tanto bilanci ed aggiornamenti, e qualche noiosa comunicazione di servizio come "tirata di orecchi" non proprio intenzionale.
Perché quando ci si mette in un'impresa, e quella di "CONTINUARE A... parlarne con speranza" lo è e anche grande, fare un bilancio è quasi d'obbligo, questo almeno è il mio pensiero.
E non parlo di numeri, quando si tratta di persone, una sola può valerne cento per bisogni ed emozioni da condividere. Ciò che io intendo è un' "ampia valutazione" del tutto, dall'andamento dell'intero gruppo per partecipazione e coinvolgimento, al personale mio senso di autocritica. Perché una "cordata" funziona solo se Chi è all'inizio è abbastanza capace di fare da traino, mi chiedo... fino ad ora avrò raggiunto almeno in parte l'obiettivo?
Ribadisco che non è questione di numeri, benché i Nostri siano pochi, confrontati con le migliaia di altri gruppi simili o completamente diversi.
Il numero non spicca per diversi motivi...
CONTINUARE A... parlarne con speranza, come è stato detto prima, è un GRUPPO PUBBLICO.
Tutti i membri e i post sono visibili a tutti, perché sono convinta che la "speranza" sia dono da elargire a piene mani, quasi da seminare... ché vada dove possa capitare anche solo lambire. A volte basta un piccolo granello, un tocco lieve perché venga fuori qualcosa di grande. Purtroppo però, sono ancora pochi quelli che se la sentono di mettersi a nudo per pudore, paura, o anche cautela nei riguardi dei propri cari, così tra Noi... solo gli "audaci", qualcuno li definirebbe persino "sfrontati".
CONTINUARE A... parlarne con speranza è un gruppo che si differenzia dagli altri che trattano l'argomento, CANCRO. Infatti per farne parte non è necessario essere malati, basta qualificarsi "persona informata dei fatti", e possibilmente disponibile a infondere "speranza"... in qualsiasi modo. Non ci disturbano i saluti, le preghiere di qualunque "credo", le storie tristi e a lieto fine ma anche quelle liete con un doppio finale, perché comunque è presente la "speranza"... dipende se occhi sanno ben scrutare.
Ah... naturalmente Tutti Noi continuiamo ad essere disponibili all'Ascolto, quello con la maiuscola che sa intendere sfoghi e lacrime, lunghe storie e pure fantasie... niente è bandito purché serva all'intento ristoratore della "speranza".
E per concludere sappiamo chiudere pure un occhio, anzi entrambi su qualcosa che abbiamo letto e ci è piaciuto poco. Una seconda opportunità è riservata a Tutti sempre e specialmente qui, nel virtuale dove è facile comportarsi senza riflettere molto perché tanto "non ci vede nessuno" e dopo tutto è sempre un "gioco" o quasi.
Bene, credo di aver espresso ciò che avevo da dire, e poi davvero si è fatto tardi. Domani per me, al solito c'è... "E' Domenica se...", una passeggiata al mattino fuori porta, e quindi converrà staccare.
Come sempre ringrazio Chi leggerà. Chi è con Noi, Chi c'è stato ed anche Chi ha in mente di andare via, ognuno dà qualcosa anche per un giorno solo e pure senza rendersene conto.
E mi scuso con tutto il Cuore se un po' ho annoiato, è inevitabile quando si fa sul serio, e poi io ci credo ed anche tanto, col solito entusiasmo, se non di più. Ma ora vado via veramente, vi auguro...
buonanotte e a domani...

sabato 20 gennaio 2018

ROCCIA DI POLISTIROLO


Ed è andata anche questa, ormai ho perso il conto da quando cominciai, all'inizio ogni tre mesi, poi numerose volte ogni sei, poi dopo otto mesi... ed ora? Credo la prossima mi toccherà tra un anno. L'esito dei raggi al torace è stato felice, non è una novità ma per me è gioia nuova, come fosse la prima volta, forse perché ho maggiore consapevolezza e il trascorrere del tempo "in quiete" mi pare gioia preziosa che possa venirmi sottratta. E non è pessimismo questo, ma procedere cautamente per non restare delusi.
Chiusa la parentesi saggia, però posso dirlo adesso. Sono felice. Sono felice perché ce l'ho fatta ancora una volta. Me lo ripeto sottovoce, l'ho scritto con gratitudine, ho condiviso la gioia con un accenno di sorriso perché fosse per Altri spunto e motivazione di speranza e non prova di ulteriore mio privilegio, ché io continuo ad essere nessuno che sempre più si convince di non tenere solo per sé quello che è donato, il famoso "strapuntino" di vita.
Stamattina avevo il cuore a mille prima di aprire la busta gialla col referto, poi c'ho infilato solo due dita per tirare fuori il foglio e leggere le prime due parole... non lesioni, e poi c'era un seguito ma non importava, perché nella negazione c'era tutto quello che desideravo, la certezza di continuare a...
Continuare a vivere i miei giorni... ad amare le persone... a scrivere... a ridere e gioire, a volte anche piangere per poi ritrovare il sorriso e ricominciare. E ancora la gratificazione del sostegno da offrire e pure da ricevere quando tra le righe se ne percepisce il bisogno, perché... è vero, capita anche a me, non sono sempre così forte come si crede e una mano che mi risollevi non la disdegno davvero.
Oggi mi è venuta estemporanea un'espressione, non so come mi vengano in mente certe immagini, ma tant'è che mi sono definita, "roccia di polistirolo", quella che trovi nel plastico di un trenino o in un presepio, ferma e indistruttibile all'apparenza ma al minimo urto riducibile in palline leggere al solo respiro. Però man mano che la gioia di un momento si consolida in serenità voglio vederla in altro modo, che quelle palline da roccia sgretolata si aggreghino insieme a formare "figura nuova", magari un cigno bianco in uno specchio di quiete. Per sempre.

A SERA...


E come tutte le sere sono al solito posto, e mai come stasera sono felice di esserlo, perché...
Seguono puntini, perché non sempre si può raccontare per filo e per segno, anche se si vuole per sé e gli Altri, e poi perché ognuno che legge se la defilasse dal Suo spazio per approdare qui e continuare nel racconto, il Suo che è pure il mio e di qualche altro, e poi... poi è meglio andare avanti con una metafora, quel dire e non dire che non fa nomi, non giudica né approva né condanna, ma si limita a constatare i fatti, traducendo in immagini.
A sera succede anche questo, mettersi dietro una tastiera e cercare di elaborare quel che durante il giorno è capitato, nel bene e nel male. Così stamane uno "scroscio" di parole mi ha colto di sorpresa ma neanche tanto, perché credevo occorresse più tempo per certo tipo di "intemperie", ho quindi opposto il capo scoperto e il mio animo ignudo, riparati solo dalla sincerità delle parole. E intanto il mio cielo di primo mattino era già privo del solito azzurro che gli riservo spazzando le nubi grigie dei tristi pensieri.
Di fretta e ormai col fiato corto ho poi trovato rifugio là dove pioggia leggera pure si alterna a bufere, ma tutto si vive con la speranza che spiova e ritorni il sereno, ed ogni squarcio d'azzurro vale una vittoria. E' strano come pur tra tanta incertezza io ritrovi la mia stabilità, tra ricordi e pensando al domani, a quello prossimo e al futuro lontano, senza osare troppo perché non si sa, ma vivendo il momento, ché è quello che serve e spiega e dà motivazione a ciò che è stato.
E' così che si leva un vento forte che sgombra in parte il mio cielo, e non è più grigio ma non ancora azzurro. Persiste come vortice di pensieri fino a sera, ormai è buio e la notte avanza, manca purtroppo il cielo stellato, forse sarà per domani, almeno lo spero, però intanto non desisto e mi decido. La disegno io una stella.

giovedì 18 gennaio 2018

COME UNA TRAMA CONSUMATA


... ove la parola, "trama" assume il doppio significato di racconto più o meno lungo, e intreccio di fili tessuti insieme. Tutto sommato la stessa cosa, quasi una metafora se inquadriamo il tutto nell'ottica della vita.
C'ho pensato da subito, l'idea di raccontare i giorni della mia malattia mi prese totalmente, e ne avrei fatto un libro con un inizio e forse un lieto fine, se non avessi continuato a fare di quella realtà in cui ero capitata in modo inaspettato e precipitoso, il "mio mondo", non da tutti compreso e da molti criticato. Avrei dovuto dimenticare e voltare pagina. Io ho voltato pagina e non ho voluto dimenticare. Ora ci sto pensando davvero seriamente, farò di tutto questo un libro, forse anche più di uno, e del primo di certo la mia storia di malattia, normale e uguale a tante altre, potrà essere solo l'introduzione o la premessa, anche se dovessero aggiungersi altri "capitoli" non previsti.
Storie intessute sulla storia, alcune che si intrecciano tra loro o paiono essere l'una il proseguimento dell'altra. Fragilità e Forza insieme, a fasi alterne ma equilibrate perché è evidente, nessuna riesce a prevaricare del tutto. Succede e non si può fare niente, poiché è un aspetto della condizione, in cui anche nel solo pensiero c'è un "se" a farla da padrone. Non si è certi di niente, oggi è così domani potrebbe, anzi potrà essere il contrario, e mantenere stabile l'emotività è impresa da "campioni", di Chi vuole vincere a tutti i costi e abbatte gli ostacoli ancor prima che si presentino.
A me capita pure adesso, soprattutto durante il periodo di Follow Up, alcuni giorni mi sento così fragile che vorrei muovermi a malapena, con la lentezza di una lumaca perché nessuno si accorgesse che esisto, e trascorrere tutto il tempo a pensare, per non urtare con la mia emotività instabile e poi finire magari col farne le spese.
E' assai difficile poi mantenere questa condotta, perché al termine di una giornata di "quelle" basta che affiori un ricordo remoto o spunti dal nulla un pensiero, che questo prevarica sulla tensione stessa, e in breve diventa un "film" dalla trama confusa, di cui quasi certo non saprai il finale, e dopo tutto manco lo vorresti.

mercoledì 17 gennaio 2018

OGGI... GIORNO DI RICORDI


Potrei far ricorso ad un'altra espressione, giornata della memoria, ma richiama tristezza e stasera meno che mai voglio essere triste. Anche se sono tredici anni che mia madre non è più ed ho passato il pomeriggio a guardare vecchie foto, e ad occhi chiusi ricordare la Sua voce. Il Tempo è proprio un grande artista, ripropone scene e volti già visti come opere d'arte sempre nuove, con tocchi di colori magistralmente miscelati che attenuano le sensazioni e non penalizzano i sentimenti.
L'affettuoso attaccamento per mia madre, infatti è immutato, ed è tenerezza e nostalgia insieme, ma anche certezza che Lei continua ad esserci pur non presente fisicamente.
E casualmente stasera mi è capitata una citazione che non avevo mai letto prima, e tale coincidenza è stata un segno ed una spiegazione...
"La vita è il trattino tra materia e spirito", un trattino... pare piccola cosa, che cos'è un trattino dopo tutto? Un piccolo segno, a volte fatto senza accorgersene, con lo spazio o senza... che importanza ha?
Eppure lascia "il segno" che fa la differenza, separa e unisce cose, termini che da soli non avrebbero l'importanza che meritano in quanto scambievoli di efficace essenza.
Materia e Spirito costituiscono la vita intera, trattino che li separa, e a seconda di quanto questo/a sarà incisivo e profondo, darà loro risalto, e nulla di una meravigliosa esistenza sarà scordato.
Ecco perché nonostante questi tredici anni trascorsi nessuno scorda la bella Persona che è stata mia madre, e non parlo solo di Noi, ché forse è in parte scontato, ma pure dei tanti che la ricordano, ne parlano, la portano ad esempio di forza e coraggio. Esempio... già, lo fu anche per me quando mi toccò la malattia che pur seria nulla ebbe a che fare col duro percorso della dialisi vissuto da Lei per ben quattro anni, conclusosi poi con la cancrena agli arti inferiori. Ogni volta che mi sentivo venir meno, la pensavo, le parlavo ed era come fosse ancora viva e mi dicesse, al solito nel Suo dialetto... non c' penzann'. Ed io ci pensavo meno, per non deluderla ed intanto gratificavo me stessa, guadagnando in autostima. E rammentavo così le Sue parole, tante volte ripetute a me che poco credevo in me stessa...
Tu sei brava... diceva... nessuno è come te.
E intanto mi asciugava le lacrime col Suo sorriso.

martedì 16 gennaio 2018

PARLARE... PARLARSI


Ci pensavo ieri durante la celebrazione in suffragio di mia madre, di cui in questi giorni ricorre il tredicesimo anniversario della morte. Noi parenti eravamo quasi tutti lì, ma di sicuro i pensieri che percorrevano le menti di ognuno erano diversi. Certo, il "denominatore" comune era il ricordo della persona cara, però le sensazioni e le conseguenti emozioni quali veramente? Perché si sa ed è ovvio, queste dipendono dal vissuto individuale ed anche dal carattere di ciascuno.
Così, mi si perdoni, ma per un attimo ho pensato che forse per l'occasione sarebbe stato meglio riunirci in altro luogo e mettere in comune non la prece silenziosa, a tratti distratta, bensì tutto ciò che sentivamo in quel momento, ricordi belli e brutti, rimpianto, gioie, e malinconia. In un'unica parola... nostalgia, che altro non è alla fine, dolore mitigato da se stessi, dalla volontà di continuare per grata memoria. Almeno io l'intendo così.
Avremmo parlato, ci saremmo parlati in un mutuo scambio di parole mai dette, incomprensioni chiarite, questioni anche minime finalmente risolte.
Si vive una vita coltivando al buio malumori ed astio, alimentati da convinzioni sbagliate, quando basterebbe parlare, parlarsi e mettere fuori tutto il dispiacere provato per uno sguardo distratto, una risposta fuori luogo, un rifiuto o un'omissione all'improvviso tornata a galla... e tanto altro fino a quando non c'è più tempo per recuperare e pareggiare i conti. Dare e Avere mai in equilibrio, almeno finché si resta legati in maniera incompleta all'esistenza, incapaci di andare oltre non perché non credenti, ma quasi convinti di essere qui in eterno.
Sono convinta in modo fermo che la chiave di tutto sia nel coraggio di mettersi a nudo, un po' incoscienti e tanto generosi di se stessi. Meno razionalità che fa da filtro alle emozioni, e maggior spazio alla spontaneità d'istinto e col pudore giusto. Attraverso parole pensate per non ferire ma farsi capire, e se non si trovano meglio il "silenzio pieno", colmo di sguardi che perdonano e strette di mano che confortano. Siamo tutti sotto lo stesso cielo, o nella stessa barca, comunque su questa terra non per restarci.

lunedì 15 gennaio 2018

IL SOLE A TUTTI I COSTI


A fatica si accettano i cambiamenti, che non avvengono quasi mai in modo lento e tranquillo. La subitanea modalità è al pari di un'onda diversa dalle altre che è principio di una mareggiata, e come questa il cambiamento arriverà alla fine a diventare bonaccia, lasciando dietro i segni di un grande turbamento. Ma il sole non sparisce dietro le nuvole, bisogna esserne consapevoli e andare alla sua ricerca, anche in una giornata come questa, in prevalenza nuvolosa con qualche raro squarcio. E' comunque gennaio, ed occorre adattarsi a ciò che la stagione invernale può offrire, una breve gita fuori porta, una passeggiata per i vicoli di uno dei borghi più belli d'Italia, ed " è Domenica se..." , questa Domenica decidiamo per Bovino.
Un piccolo paese che non manca di nulla, ha persino una villa comunale che pare il Pincio in miniatura, e sul fondo di questa una chiesa che fa parrocchia ma per la posizione accoglie Tutti coloro che cercano riparo dal freddo e ristoro quando è caldo. Una cattedrale che conserva all'esterno la beltà antica e internamente offre il candore di bianche pareti restaurate di fresco.
C'è ancora il presepe allestito, d'altra parte era Natale solo qualche settimana fa, e una piccola realtà si adatta piano al tempo che trascorre, tende a conservare gelosamente le calde emozioni, e le rilascia solo giorno per giorno per non perderne del tutto i benefici.
Risalendo verso il Castello Guevara e la Torre Normanna ci accompagnava il gracchiare dei numerosi corvi in concerto, e il profumo del muschio bagnato e della legna che arde. Contrasti che identificano certi luoghi montani, come il mutare brusco del tempo, sole e subito dopo nubi minacciose che comunque non fanno paura perché lì è normale, e vedi la gente che continua a passeggiare mentre i rintocchi delle campane segnano il mezzodì ed è ora di tornare. Tornare alle proprie case per il pranzo della festa, col ragù della domenica e la pasta fatta a mano, roba di altri tempi il cui ricordo scalda il cuore come quelle luci ancora accese in un presepio appena fuori del suo tempo.
Meravigliosa domenica di un "tempo ordinario".

domenica 14 gennaio 2018

INTUITO ED ALLENAMENTO...


... e aggiungerei pure flessibilità ed un minimo di incoscienza, e poi è cosa fatta. Si potrà sopravvivere ai superficiali e vani tentativi di comunicazione da parte di uno dei tanti medici che capitano sulla Nostra strada ad un certo punto della vita. Non si generalizza ovviamente, qualcuno valido in tal senso c'è ma è "perla rara", per cui se capita per le mani converrà tenerlo ben stretto, e tranquilli, ogni cura funzionerà a dovere. La fiducia assoluta nel proprio medico infatti, è basilare, a lui ci si affida in modo totale soprattutto se sarà stato chiaro e avrà mostrato per primo di credere in ciò che afferma.
La "cronaca semiseria" della mia ecografia intendeva mettere in rilievo appunto questo, come modalità confuse, tra il dire e il non dire o il dire troppo e pure enfatizzando, possano generare in Chi in quel momento pare "vittima", ansia, agitazione, inquietudine e disappunto. In realtà a me non è stato riferito nulla di inesatto, il mio fegato steatosico è realtà inconfutabile, ma perché farla apparire più grave di quel che è?
Diciamo che per fortuna non difetto di intuito, e per ovvie ragioni neppure di allenamento, sono infatti problemi e termini che ascolto ogni giorno, flessibile poi lo sono diventata per istinto di sopravvivenza come pure un po' forzatamente incosciente, perché alla fine è meglio non sapere oltre il consentito. Consapevoli ma non addottorati, perché non ci compete.
Confrontarsi con la sofferenza è dura cosa per ogni medico, lo è a tutti i livelli e per ogni tipo di patologia, ma è chiaro che lo è ancora di più per una malattia che nel terzo millennio ancora terrorizza. Il cancro fa paura per la durata, le cure, ma soprattutto per l'esito incerto.
Già il medico di famiglia che sempre più spesso è colui che avanza l'ipotesi di una diagnosi drammatica, deve fare i conti con la comunicazione personalizzata, e le giuste modalità che considerino la diversità individuale. Seguire la "persona" e non solo curare il "malato". Si tratta di trasmettere notizie che alterano drammaticamente e negativamente le prospettive future, quindi necessitano di un luogo adeguato e un clima di accoglienza e protezione. Che non ci si senta improvvisamente "stigmatizzati", e per questo avulsi dalla realtà di sempre e catapultati in un'altra che appare "non propria". Si potrà valutare il grado di impatto della malattia su di un paziente solo se la si inserisce nel contesto della sua vita. Bisognerà entrare nell'animo e nella psiche di Chi è di fronte a rapportarsi con qualcosa che non avrebbe mai pensato, in punta di piedi, cercando di capire quanto di quella situazione egli sia in grado di comprendere, e quale sia lo stile di parole. Poi vorrà davvero essere informato di tutto, compresi i dettagli? O solo di una parte... o addirittura nulla? Comunque un referente dovrà pure esserci.
L'approccio con la malattia è sempre traumatico, tendenzialmente offusca la lucidità, in un attimo è come se ci si trovasse davanti un grosso tronco o una frana, che impedisce il proseguimento del percorso abituale. A questo punto il medico dovrebbe cercare di riportare l'equilibrio identificando le risposte del paziente. E mi chiedo, ed è un'opinione del tutto personale... è opportuno che sia il medico a fare tante domande o non sarebbe meglio che ascoltasse, osservasse cercando di leggere tra le righe?
La Comunicazione dovrebbe essere "disciplina fondamentale" nel piano di studi di Chi intende diventare medico, uno di quegli esami "tosti" al pari di Anatomia, perché serve poco conoscere il nome dell'ultimo ossicino del piede se non si è in grado di comprendere ed interpretare pensieri confusi ed angosciati, e di entrare con delicatezza tra le pieghe dell'animo di Chi in quel momento è di fronte.

sabato 13 gennaio 2018

HO CAPITO CHE TU CREDA IO NON SAPPIA (terza parte)


E allora che cos'ha, perché è agitata? Non vorrà sentirsi male come la signora di prima?
(già, dimenticavo. La prima persona "in esame" era svenuta da sdraiata. Incredibile ma vero)
No di certo, ma è che sono veramente stanca...
Ma su su, abbiamo finito...
... e anche Lei, in lungo e largo con quella sonda. Ad un certo punto si ferma ed insiste sul lato del fegato...
Caspita!...
... e rivolta allo specializzando che l'aveva preceduta nell'esplorarmi...
Ma hai fatto la foto qui?...
... e poi rivolta a me che cominciavo ad agitarmi davvero...
Dalla signora voglio sapere una cosa. Ma lei li fa i controlli TAC?
Beh, non me li fanno fare più perché sono quasi otto anni.
(e ché la TAC si fa così, quando salta in mente?)
E i controlli clinici li fa?
Certo. Devo farli.
(mi chiedo a questo punto se la prof. per caso ha soggiornato a lungo su Marte)
E i parametri epatici come sono?
Stizzita, replico... tutto nella norma, GOT, GPT, solo le GAMMA GT stanno rientrando da poco, sono ancora border line. Ma perché c'è qualcosa?
Signora, lei ha un parenchima epatico che...
... e non finisce la frase, scuote la testa e allarga lo sguardo. E tutto questo di fronte all'ennesima "solita novità" si fa per dire, che lei stessa referta ogni volta, aggiungendo ogni volta un abbondante pizzico di drammaticità. Il mio fegato steatosico.
Ma signora prende farmaci, mangia male o che so?
Dottoressa, ho fatto la chemio.
Ahhh, vede che una causa ci sta?...
(e chi ha mai detto il contrario?)
... e lo sa che con la chemio il fegato "parte"?
Mi trattengo a stento, perché un "basta che io resti però, il fegato vada dove vuole" sarebbe stata una replica più che azzeccata. Mi mordo comunque le labbra, e mentre finalmente scendo da quel lettino, azzardo... ma insomma lesioni ce ne sono?
No no, signora... per carità. Stia pure tranquilla.
Tranquilla...? Ci proverò, mi sono detta a mezza voce.
E lo specializzando, congedandomi... signora, nella vita lei che fa?
Ora niente. Sono volontaria in oncologia, cerco di rasserenare i momenti "poco tranquilli" delle persone come me. Arrivederci.
(ma francamente spero di no).

venerdì 12 gennaio 2018

HO CAPITO CHE TU CREDA IO NON SAPPIA (seconda parte)


E mentre la prof era al CUP è incominciato l'andirivieni verso il bagno, perché molti davvero non reggevano più, e di conseguenza al Suo ritorno sono ricominciati i "riempimenti", ed intanto il tempo passava. E di me che ero là dalle otto e mezza e non avevo "svuotato" niente, nemmeno il disagio, l'ansia e il fastidio, che ne sarebbe stato?
Scusi, dottore... io davvero non ce la faccio oltre.
Stia calma, signora. Dobbiamo mantenere tutti la calma...
A me... stia calma? Ci vuole un bel coraggio... leggi, faccia tosta... parlare di calma a me che ero seduta per necessità di cose, ferma lì da due ore e mezza.
Tranquilla, appena finisce la ragazza tocca a lei.
Va be', abbiamo fatto trenta, facciamo trentuno... ho pensato, e così è trascorso un altro quarto d'ora. Mi chiedevo nel frattempo tanto per passare il tempo, come mai da un po' di tempo a questa parte un'ecografia all'addome completo durasse quasi tre quarti d'ora... manco fosse una TAC!
La risposta è arrivata quando finalmente è stato il mio turno.
Signora, sa come funziona? Deve fare respiri profondi e trattenere il respiro...
(Ovvio, lo so... poi ogni tanto mi sarà concesso il respiro. E invece no, perché non mi si diceva come le altre volte... ora può respirare. E sorvoliamo pure su questo, tanto oltre il limite non potevo andare)
E così ha iniziato ad "esaminarmi" il primo dei due specializzandi...
Signora, ma ha tolto la cistifellea?
No, perché non c'è?
Si, ma è poco dilatata...
Mi chiedo... e se non avessi io fatto a lui la domanda come replica, che cosa avrei dovuto pensare...?
E sorvoliamo pure su questo...
Signora, ha tolto l'utero?
No, perché non è dilatato manco quello?
E lui, ridendo... Ma che dice signora, è ovvio... è involuto!
Mi chiedo ancora... ma vuole fare lo spiritoso? Mentre preme con quella "benedetta" sonda sulla mia vescica dolente, alterna battute inutili a scambi di opinioni con la prof... che pure protesta al telefono coi medici dei reparti che le inviano urgenze poco urgenti... sull'opportunità di avere nello smartphone una memoria che consenta molte applicazioni... ma dico, a me nessuno pensa?
Signora, è stanca?
Beh, direi...
Non si preoccupi, abbiamo finito. Prof, tocca a Lei, può esaminare la signora.
Ancora?!? Ma io veramente non ce la faccio più!
Questo non l'ho detto, l'ho pensato... forse sussurrato, probabilmente sbuffando, perché...
(continua...)

HO CAPITO CHE TU CREDA IO NON SAPPIA (prima parte)


Quasi all'alba tanta pioggia al mio risveglio, e poca voglia di affrettarmi. Ormai i tempi sono piacevolmente lenti, come è giusto sia alla Nostra età, di due persone che hanno fatto tutto a suo tempo ed ora vorrebbero prendersela comoda e non avere pressioni di sorta. Invece, ogni tanto ci sta ed oggi era una giornata di quelle che calano nella realtà sgradevole che si vorrebbe dimenticare.
Tanta pioggia, dicevo e tanta acqua da bere perché dovevo sottopormi all'ecografia dell'addome completo, ore 8:30 l'appuntamento. Ci siamo avviati per tempo, ultimo referto e litro d'acqua appresso, e importante da precisare, vescica parzialmente piena. Nonostante il traffico intenso a causa del maltempo, siamo arrivati quasi in orario, scendo dall'auto e quasi mi prende di lato un taxi che in volata sorpassa a destra per entrare nel cortile dell'ospedale. Se vero è che il buongiorno si vede dal mattino, questo bastava come avviso per tornare indietro, ma non c'ho pensato più di tanto e ho continuato per la mia strada, strada che portava seguendo la "linea guida" dietro la porta stranamente aperta dell'ambulatorio dell'ecografia. Fuori tutte le sedie occupate da persone visibilmente innervosite. Possibile...? Tanta gente infastidita già di buon mattino... comunque ho consegnato l'impegnativa...
Comincio a bere?
Certo signora, cominci pure.
Ed io comincio, ed intanto per ingannare il tempo prendo a mandare messaggi, come faccio ogni mattina perché niente deve essere di ostacolo alla "mia normalità" e d'altra parte questa serve pure a distogliermi dalla negatività di pensiero e a tratti dall'ansia che prende in certi momenti. Altre persone continuano ad arrivare, da esterne e da interne, quest'ultime hanno la precedenza ma non l'urgenza della pressione sulla vescica, altri sono "dotati" di questo ma non possiedono la prenotazione giusta, hanno sbagliato sede dell'esame. Ma chi ha sbagliato veramente... loro o il CUP? L'errore è del CUP che molto semplicisticamente per bocca e mente poco arguta del solito impiegato allo sportello, afferma... che problema c'è? Cancella e scrivi a penna, universitaria al posto di ospedaliera.
Ma siamo pazziii? Urla la dottoressa che... tra parentesi... speravo di non trovare stamattina, perché ogni volta ne caccia una nuova, e con le sue trovate prima o poi farà "tutto esaurito" nel reparto di cardiologia.
Ma siamo pazzi? Ed io come referto se non siete inseriti nel sistema informatico... a voce?
E la prof. alterata ed inviperita si avvia al CUP, mentre gli specializzandi, altri bei soggetti, cercano di riportare la quiete tra tutti i malcapitati in questa giornata, "zompellanti" quelli in piedi, a gambe accavallate i fortunati, si fa per dire, che hanno "vinto" una sedia.
Cominciamo quindi a fare ordine in questo caos, almeno per quello che mi riguarda.
Numero 1... taxi assassino, numero 2... lunga attesa che si preannuncia ancora più lunga, e poi... poi arriverà il "bello", sempre si fa per dire, perché la storia non finisce qui.
(continua...)

mercoledì 10 gennaio 2018

TORNANDO A NOI... CHE NON FINIAMO MAI D'IMPARARE par. 2 IN UN CERCHIO IL MIO SENTIRE


Se di fronte ad Altri può essere possibile gestire e contenere le proprie emozioni, diversamente non lo è quando ci si trova a dover fare i conti con se stessi, nell'immediatezza di un ricordo che sfora dalla memoria e di prepotenza invade l'animo.
"Mi dispiace ma non posso continuare"... a quella parola in passato pronunciata pure a sé tante volte a mezza voce, non si resiste e si getta la spugna o si cade, ma è solo per prendere coscienza di dover rialzarsi, costi quel che costi, perché bisogna andare avanti e perché tutto quel dolore non sia stato inutile.
Un abbraccio accogliente aiuta in questa fase e solo Chi lo dona e l'Altro che lo riceve possono dargli la valenza giusta, quella che serve.
I presenti, che definiremo il "pubblico" della simulata, per loro stessa affermazione hanno risentito di forte risonanza emotiva, alcuni si sono commossi, altri hanno provato compassione ovvero sono stati coinvolti empaticamente dalla situazione, altri ancora hanno criticato la scelta di questa tecnica, del gioco di ruoli, perché troppo "dura" per persone già emotivamente provate, anche se venute fuori apparentemente dal problema. Ma alla luce di quel che si è visto, si può dire che è davvero così? Si può uscire definitivamente da qualcosa che ha segnato bruscamente l'esistenza?
"Non è stata una bella cosa, questa... ha portato malinconia stasera..."
Ma non si possono fare sempre delle belle cose, non si può sempre far finta che...
Occorre anche in certe situazioni toccare il fondo, averne paura, per ritrovare poi la forza di risalire, tornare a galla e decidere di restarci.
"Io invece torno a proporre una bella cosa per stare meglio, perché ho la presunzione di poterlo fare", ed è di nuovo a parlare l'insegnante che nell'ultimo incontro prima delle festività si è proposta per un laboratorio di arte-terapia, ed intanto offre un "assaggio" tramite un test.
Un foglio bianco su cui è disegnato un cerchio. All'interno si dovrà fare un disegno nell'immediato, in modo spontaneo. In alto, nome e cognome, data e ora. In basso, una "M" e una "P" e accanto a ciascuna lettera un aggettivo che qualifichi la propria madre e il proprio padre.
La "grafica" quindi, per spiegare il carattere, mettere fuori le emozioni inconsciamente nascoste, alleggerire di un fardello. In un cerchio il più intimo sentire.

TORNANDO A NOI... CHE NON FINIAMO MAI D'IMPARARE par.1... ROLE PLAYING


Si torna alla normalità, riprendono gli incontri del GAMA.
Oggi, un ritorno dal forte impatto, al pari del ricominciare a scuola, passate le feste, direttamente con un compito in classe a sorpresa o anche fissato in precedenza ma sottovalutato, come se il momento, in questo modo potesse mai arrivare. E invece tutto arriva, compresa la "resa dei conti" con le emozioni, le stesse provate un tempo, elaborate e considerate del tutto metabolizzate, cosa solo in parte rispondente alla realtà, perché metabolizzare non vuol dire di certo archiviare, e quindi basterà aver ricreato la situazione o un "momento" di questa, magari caratterizzato da una "parola chiave", che l'antica emozione verrà fuori come nuova, sia pure sotto altra veste perché ora potrà permetterselo.
Prima delle festività era stata decisione condivisa quella di mettere in scena delle "simulate" al fine di elaborare concretamente il sentimento della "rabbia" che sempre accompagna pur in forma diversa, l'impatto con la malattia. Avremmo dovuto prepararci in modo adeguato, ricordando e analizzando, provando a raccontarci a voce o per iscritto, per poi arrivare pronti a questo nuovo... per Noi... esperimento o meglio esercizio. L'euforia delle feste però ha portato distrazione in generale, e comprensibilmente anche nello specifico, così che al momento che si doveva mettere in atto ciò che in potenza da Tutti pareva essere stato accettato, deciso e approvato, non poche sono state le difficoltà. E' anche vero che il "Role Playing", volgarmente "gioco di ruoli", è un tipo di tecnica che naturalmente in un primo tempo porta a reagire o con diffidenza oppure con entusiasmo. Il primo tipo di risposta trova la sua origine nell’automatica assimilazione del significato di “ simulata “ a quello di “ finzione “, pertanto la proposta viene percepita come una forzatura, piuttosto inutile e per certi versi anche irriguardosa, oppure meno spesso come opportunità unica per arrivare a capo di qualcosa che in modo latente ma costante pare disturbare la serenità a fatica conquistata dopo tanto dolore.
Nel nostro caso, alla fine e a seguito di vari tentativi, si è riusciti in una simulata "a tre personaggi", il Medico, il Paziente e il suo Caregiver. I ruoli sono stati a tempo e scambievoli tra loro. Il percorso, un "crescendo" emozionante. La conclusione, un finale aperto e inaspettato...
(continua...)

lunedì 8 gennaio 2018

TRA MUSICHE DISPARATE E ULTIMI PRESEPI SI TORNA ALLA NORMALITÀ





Non è con l'Epifania che tutte le feste vanno via, ma con il Battesimo di Gesù che cade la domenica successiva, quest'anno immediatamente dopo il 6 gennaio. L'ha specificato oggi a messa il celebrante durante l'omelia che ho ascoltato nella splendida cornice della Cattedrale romanica di Troia.
Piano piano si torna alla normalità di tutti i giorni, pure monotona ma che almeno immunizza da scossoni di un certo tipo, e Noi per assaporare di nuovo la tranquillità delle Nostre uscite "a due", abbiamo scelto per questa domenica una meta molto vicina, a soli 18 chilometri, 20 minuti scarsi in auto, meglio che raggiungere il centro città. Troia, una cittadina da scoprire, ascoltare... mai come oggi... ammirare.
Un lungo viale fino alla piazza della Cattedrale, costeggiato da negozi aperti questa domenica per l'inizio dei saldi, e animato dalle assordanti musiche latino americane provenienti da una grande cassa acustica di fianco alla chiesa. Quando si dice, il sacro e il profano tanto più che all'interno, al termine della Santa Messa i ragazzi della schola cantorum provavano un gospel per stasera come chiusura del periodo di Natale. E del "Trenino della felicità" dalle infelici canzoni per bambini, interpretate da voci squillanti, vogliamo parlarne? Meglio di no, decisamente. Il solo pensiero mi manda in confusione, la stessa che stamattina mi dava l'aria imbambolata di Chi sta per addormentarsi ma sogna di già.
Va be', comunque quando è festa bisogna metterlo in conto che qualche simpatico, vivace disturbo possa esserci, perciò ci siamo adeguati e quindi inoltrati fino alla "Mostra dei Presepi Artigianali", allestita all'interno di un museo attiguo ad una scuola di tipo religioso. Tutte opere bellissime, ma particolari e geniali quelle dei bambini di terza elementare, realizzate con materiale povero. Cartone da imballaggio, palline da ping pong, mezzo pallone da calcio svuotato, batuffoli di cotone, conchiglie e stuzzicadenti... un vero spettacolo!
Rianimati di spirito e rallegrati d'animo, ci siamo concessi un caffè in un bar pasticceria di fronte alla Cattedrale... tutto nell'ambito di un unico spazio, quello ampio di una piazza che pareva il salotto buono di casa quando è festa. Davvero una bella mattinata, neppure tanto fredda per questo inizio di gennaio e spensierata abbastanza da riportare il sereno là dove fino a ieri è stato grigio.

domenica 7 gennaio 2018

IL "BRODO" DELL'EPIFANIA


Metafora a metà dell'ultimo giorno delle feste che in un colpo solo le archivia insieme completamente, portandone via le uggie, i conflitti e i rancori. Quest'anno per me c'è stato tutto, compreso il brodo, reale e bello caldo e al mio solito, leggero per smaltire qualche stravizio, e poiché festa era ancora, però ho dovuto cedere al compromesso e c'ho aggiunto i tortellini per far contenti marito e figlio, e in parte pure me.
Un brodo vegetale preparato con molte verdure, scelte e compatibili, ché altrimenti sarebbe un minestrone, quindi tutt'altra cosa. Sedano, carota e zucchino... una patata, prezzemolo e finocchio... qualche pomodoro, cipolla ed aglio... e da non scordare la scorza avanzata dell'ultimo pezzo di parmigiano. E poi la sobbollitura a fuoco medio, mentre il misto di profumi invade la cucina e discretamente si infiltra negli ambienti vicini.
Preparare e seguire il brodo fin sulla tavola è cosa che mi rilassa molto e mi riporta indietro a tempi lontani, quando ero bambina e ai più recenti della malattia, ché per nutrirmi a dovere m'inventai la "strategia" di farmi piccola per coccolarmi un po'... Io, mamma di me stessa.
Va be', ricordi in un certo senso "studiati" per riconciliarmi, e chiudere entrambi gli occhi su tutto il resto, sennò non torna, pure questo giorno, l'ultimo delle feste.
Da domani è un nuovo inizio, voglio vederla così... perché mi sento ancora un po' così così. E mi si perdoni questi "eccessi" che di licenza letteraria non hanno niente, ma servono a realizzare e rendere i pensieri che portano una vena malinconica, in modo più leggero.
Pur consapevoli eravamo partiti in piena e bene augurante allegria, la Vita si sa com'è, a volte non collabora, e allora parte ne abbiamo persa per strada. Adesso sarebbe da tirare le somme e fare una sorta di bilancio. Meglio di no. Lasciamo un alone di serenità a quest'ultima festa che scivola via, regaliamole un sogno o di certo un ricordo, bello e preciso. Quello che ci è rimasto dentro dal tempo che fu e sicuramente mai più ci abbandonerà.
Tornare al magico momento dell'infanzia è come cercare e trovare rifugio, porto sicuro... sentirsi cullati da nenia che non tradisce.
Un sollievo per l'animo quando il corpo si ribella.

sabato 6 gennaio 2018

ESTEMPORANEA


Sarò estremamente sincera. Quest'anno la conclusione delle feste arriva con un sospiro diverso, quasi di sollievo, forse per i cambiamenti, e un'ulteriore nuova consapevolezza acquisita in modo repentino, in un certo senso traumatico.
Tiro le somme con grande fatica come sempre in certi giorni. Quando le ore si sono susseguite in rapida e varia successione, insomma quando la giornata non è stata affatto piatta.
Quante cose ho fatto oggi? 
Quante parole messe insieme a mo' di sfogo, opinione o invettiva ho ascoltato?
E quante poi ho colto in me e avrei voluto tanto non fossero espressione di un mio pensiero.
Già... le feste stanno per terminare, chiudiamo delle parentesi, si riprende il "discorso" di sempre. Niente di che, paragrafi di storia normale che contemporaneamente si avvicendano. Eppure... con uno sguardo al tempo passato, pare come fossi rincorsa dal Tempo stesso.
Mia figlia è partita stamattina... e stavolta mi dispiace più delle altre. Mi sento "orfana" di lei, come quel giorno che partì per cercare la Sua strada e da allora in poi tanto faticò. Adesso per quella si è appena avviata, scoprendo che c'è pure altro con cui poter riempire la vita, e d'altra parte non si può farlo con chiunque e qualunque cosa.
Noi due siamo caratterialmente diverse, ma sotto alcuni aspetti tanto simili da opporci come due poli uguali di una calamita. Pensiamo troppo, siamo troppo sensibili, avvertiamo troppo le tensioni altrui e le facciamo nostre, così da soffrire per ciò che non ci riguarda. Non ci limitiamo a guardare, e con enfasi interiore viviamo i vari passaggi. Stizzite e pure addolorate, ma con la forza di sperare e ricominciare.
Siamo diverse, dicevo ma entrambe vorremmo quiete e niente altro. Ogni tassello più o meno al suo posto, e la libertà di esprimerci come ci pare, piangere e immediatamente sorridere senza per questo essere oggetto di giudizio.
Tutto a prescindere.
Ora siamo di nuovo lontane, e personalmente mi rammarico per non aver potuto godere in pieno di questi giorni di vacanza. Responsabilità...? Altrui, forse... di entrambe, in parte perché non è stata colta l'ennesima opportunità. Qualcosa però sta cambiando. Parole condivise in modo accorato tra Noi hanno toccato le corde giuste.
Per questo a poco a poco riprenderò ciò che ho perso. Queste poche settimane o qualche giorno. Non so. Alcune note stonate di una falsa melodia ancora mi portano lontano, ma tornando indietro sui miei passi, sono certa, riprenderò la via.

LA VITA E' MAESTRA


Già... prima testa e poi insegna. A programmi differenziati e con prove periodiche fino al momento che ci si sente "formati" e a giusta ragione "laureati" per la vita.
Si può cominciare in qualsiasi momento e in qualunque modo, passando da un livello all'altro, ma l'esperienza estrema resta la partenza più tosta. Come dire... saltare i primi anni della scuola primaria, sapendo a malapena leggere, quindi farsene una ragione, elaborare e poi metabolizzare che equivale a trarre insegnamento e base per i livelli che saranno.
Oggi per me, "lezione" assai intensa. Nuovi incontri, altre storie condivise... ricordi, i miei che hanno rinnovato emozioni antiche.
Occhi smarriti e nervi contratti, accenno di lacrime al pensiero dei figli a casa, modalità diverse nell'approcciare a quella "prima volta" che nessuno mai sogna di vivere. E poi, un racconto di dolore grande come solo può essere perdere tragicamente una giovane figlia, che lascia i Suoi orfani in eredità alla madre. Ora questa è ammalata e lotta per sé e i nipoti, perché non siano orfani due volte.
Ma Dio dov'è se permette tutto questo?... ha detto qualcuno, ed io pensando di aver smesso da tempo di chiedermelo, ho risposto... Dio non c'entra, è pura casualità. Non è premio restare indenni dalla sofferenza, non è punizione esserne afflitti. E' la fragilità umana come il tavolo verde su cui una roulette vede girare vorticosamente la pallina che si fermerà all'improvviso su un numero, e poi un altro e un altro ancora, senza un ordine e disegno stabilito... questo io ho recepito per non aver paura pur nella consapevolezza di un'incerta casualità che potrebbe di nuovo toccarmi.
E i ricordi che sono affiorati? Sono quelli legati ad emozioni comuni vissute durante il difficile percorso, dalla diagnosi e poi strada facendo, senza sapere quando sarà l'arrivo e dove la meta.
Ogni volta che incontro, ascolto e dico, poco ma dico, sono attenta ad imparare fino allo sfinimento, per migliorare. Perché so bene, la Vita è maestra, qualcuno non lo comprende, altri sono distratti e si perdono i passaggi più importanti, in conclusione risulta un'infinità di ignoranti. Un vero peccato.