mercoledì 28 febbraio 2018

SENO E REGGISENI


Ne parlavamo oggi con un'Amica. E' tutto nel DNA, anche la pseudo nuova natura che verrebbe fuori nella malattia. Non è che si diventa più buoni o cattivi, alla fine di fronte all'evento traumatico predominano i caratteri ereditati. Tutto qua. E che cosa c'entra questo con seno e reggiseni? Seno e reggiseni è solo uno dei tanti argomenti, a dir meglio realtà e convinzioni rivoluzionate in breve tempo, di cui ho preso a parlare con leggerezza e in modo ironico, nonostante tutto e come non avrei mai pensato. Tale e quale a mia madre. E dire che pensavo di non somigliarle affatto, né fisicamente e ancor meno per carattere, e invece sfoltendo qualche peculiarità che rende unica ogni persona, mi ritrovo come Lei. Aver vissuto un'esperienza estrema con la forza dello spirito giusto, parlandone tanto da non aver più paura, scherzandoci persino, e comunque a tratti commuovendosi pure. E la commozione, espressa in uno sguardo lucido all'occasione, ci sta tutta e non è debolezza ma ricordi che pressano all'improvviso e a fatica si cerca di contenere.
Così è successo che stamattina si parlava tra Noi due mastectomizzate... un seno su e l'altro giù, gli accomodamenti vari e le strategie di adattamento, la scelta degli abiti giusti per guardarsi allo specchio e trovarsi ugualmente gradevoli. Qualche risata è scappata pure, e quando questo avviene è sempre un bel momento, il fatto non sussiste e c'è l'assoluzione completa di tutto, disagio, conseguenze varie e quasi pure della malattia, ma poi c'è un punto in cui idealmente ci si incontra, e se fosse sempre possibile scatterebbe un abbraccio di slancio, di quelli forti e stretti per ricaricarsi e riprendere ciò che è stato tolto, l'essenza della propria femminilità.
Un ricordo comune. Il vezzo di reggiseni di pizzo per Lei, la semplicità dei miei, assolutamente mai imbottiti, senza push up, perché non ne avevo sentito la necessità da quando ero diventata madre e con orgoglio indossavo una "terza" di tutto rispetto.
Per entrambe tutto riposto con cura, più o meno... archiviato nel fondo di un cassetto, il più lontano possibile dall'uso quotidiano... passato, finito per sempre.
Un po' di malinconia, tanta nostalgia, e poi alla fine la gioia di esserci ancora, vive a ricordare ma sempre pronte per ricominciare.
E i miei reggiseni del passato? Beh, stasera ho tirato fuori dall'armadio la busta dove li avevo riposti, però non l'ho aperta. Mi dispiaceva rovinare quel bel fiocco rosso che la teneva ben chiusa.

martedì 27 febbraio 2018

SOTTO LA NEVE... PENSIERI


Ma perché deve essere sempre così ? Ogni volta peggio di così? In un dualismo perverso ma perfetto. Da un verso fa traballare e butta giù, dall'altro sussurra qualcosa e rialza. E' come febbre all'improvviso, e poi immediata convalescenza. Mi rendo conto che non mi abituerò mai e poi mai a tale stato di cose, e non c'entra nemmeno il tipo di relazione, almeno non del tutto. E' l'idea che sconvolge, questione di principio. Punto. E' la conclusione di un'analisi approfondita che sicuramente non finirà qui, perché, pur camminando sulle uova, situazione di estrema precarietà in cui mi pare di essere... io non mi arrendo. Non me la sento di tirarmi indietro, non ce la faccio e con timido coraggio vinco paura e dubbi. Come...? Non facendo più domande a me stessa. Immagino di avanzare su un cornicione, sempre in bilico ma pure costante equilibrio. Se fosse l'ultima opportunità per andare avanti, non avrei modo di guardare giù, se fosse l'ultimo dei miei giorni, neanche tempo di pensare a che cosa sarebbe domani.
Oggi è nevicato tutto il giorno, bianco intorno e gelo. Restando in casa ho avuto modo di riflettere, tanti pensieri come quei fiocchi che si rincorrevano, volteggiando. E in quel movimento non regolare che gli occhi facevano fatica a seguire, trovavo le risposte per aiutarmi a risalire. E' resilienza pure la capacità di venire fuori da una prevedibile spirale di eventi dolorosi, anche se non riguardano personalmente e solo di riflesso.
Bisogna continuare. Per il dono degli anni in più concessi. Non voltarsi dall'altra parte e guardarlo negli occhi quello che voleva fosse finita, pure con le lacrime ma senza desistere.
La neve dà sempre un senso di pace..
Sarà perchè i rumori restano ovattati, e su questo ti concentri e non riesci a pensare ad altro. Sei solo con Te stesso a respirare aria che pare non di questo mondo, e ti senti tranquillo, ascolti persino il battito del cuore.
E' una sensazione di "vago benessere" che non ti abbandona neanche nella consapevolezza di un disagio. Tutto sembra minima cosa.
Passerà, ripeti... perché a passare passa, e ringrazi questa nevicata di fine inverno. Ci sta bene, così continui a stare bene anche tu.

lunedì 26 febbraio 2018

SOGNO O ILLUSIONE


Capita che a forza di crederci... ed è cosa giusta... alla fine ti convinci, maggiormente poi succede quando ti trovi di fronte a Chi ci crede più di Te, oppure no ma fa finta, perché conviene. E non vuole sapere niente oltre il consentito per non perdere convincimento e speranza, e fa di tutto per alimentare quest'ultima, dimostrando di amarsi tra preghiera e cura di sé. Intelligenza eclettica, animo dalle mille sfaccettature. Lei era così, pensava costantemente solo ad un paio d'ali, per tornare libera com'era stata un tempo. Prima di ammalarsi. Nel momento della consapevolezza aveva quindi deciso che sapeva si, ma si fermava a quel punto, delegando tutto all' "Avvocata Nostra" che perora e vince le cause più difficili. In Lei confidava, a Lei si era affidata, di Lei sola si sarebbe fidata. E la Fede non l'aveva mai abbandonata, neppure quando undici mesi fa aveva perso il Suo unico Amore di tutta la vita. Aveva reagito con forza, restando serena e lasciandoci stupiti . Una grande Donna, bella, caparbia e lucida fino all'ultimo, nonostante tutto.
Il giorno che c'incontrammo per la prima volta, pensava fossi io una dottoressa, forse per il camice, poi le rivelai di essere stata una paziente oncologica, e da allora non faceva che ripetere l'ammirazione che aveva per me, così atipica per quella strana volontà di frequentare un ambiente "da dimenticare". Con Lei parlavo come l'avessi conosciuta da sempre, praticamente eravamo sulla stessa barca, anche se da lati al momento opposti a tentare di mantenere un certo equilibrio per entrambe.
Ora è tutto passato, perché appartiene ad un passato che non può tornare.
E' sempre dura cercare di mantenere viva la speranza in certe situazioni che ormai ne hanno ben poca, di sicuro però si "posa" Amore ed altrettanto ne "entra" nel Cuore, senza alcuna invadenza, anzi a volte chiedendo persino scusa.
Oggi sono rimasta spiazzata, me lo aspettavo da un momento all'altro, eppure ho provato rabbia e delusione, e solo alla fine dolore.
Mi bastava sapere ci fosse, da ora in poi so che è, per quel paio d'ali infinitamente.

domenica 25 febbraio 2018

UNA GIORNATA "TIPO"


Attualmente come riferimento per una mia giornata tipo, ho un solo giorno della settimana, il sabato.
E' l'unico che è rimasto più o meno simile agli altri del passato. Molto lavoro domestico, fornelli a pieno ritmo, da colmare lacune inevitabili dal lunedì al venerdì. A sera se mi guardo allo specchio non mi riconosco, sembro stravolta ma poi penso alla notte che pietosa mi cullerà e al giorno che segue, e agli altri ancora, e mi dico così come un noto personaggio dei fumetti... ce la farò anche "stravolta".
Devo darmi lo "sprint" in qualche modo, no?! Meglio con qualche battuta, per non pensare...
Eh si, perché i pensieri di certo non mancano come pure il confronto tra quel che ero e ciò che sono, passando per l'eventualità di non esserci proprio, e paradossalmente è questa alla fine che riporta la mente all'equilibrio e la quiete nell'animo. Ben venga allora ogni giornata tipo, tutti i sabato che il buon Dio vorrà concedermi, ugualmente ce la farò, stravolta.
Ché poi a pensarci bene, è si un giorno a pieno ritmo come un tempo, ma con qualcosa di diverso.
La differenza la fa... il caffè a letto di buon mattino, e il buongiorno con un bacio di mio marito. Prima era il contrario per tutti i dì della settimana, e non mi formalizzerò ora pensando che lo fa perché il sabato esce presto, si dice... apprezza il pensiero, e per me non solo è così ma anche meglio, perché resto comoda a sonnecchiare un altro po' e ad assaporare il silenzio delle prime ore della mattina.
La differenza la fa... svegliarsi e scoprire che "un malumore" è passato, fare accenno a Tuo figlio dell'Amore che hai per Lui, e vederlo finalmente sorridere. Essere madre di figli adulti è cosa ben più tosta, eppure adesso me la cavo meglio, funziona la diplomazia ed efficace risulta la sana e ben dosata ironia.
La differenza la fa... ricordare il bello e il brutto, e per quest'ultimo aver imparato a non rimuginare, cercandone il lato positivo anche minimo, persino invisibile perché c'è sempre. E scoprirai così che non t'importa più se nello stesso giorno si rompono due bicchieri, quattro piatti, un reggimestolo e si stacca il manico di una pentola. Sono cocci che finiscono nella pattumiera, importante è non averne nella propria vita da raccattare, mettere insieme inutilmente.
La differenza la fa... e giuro, questa è l'ultima per stasera... un'infiorescenza, alta e fiera spuntata inaspettatamente e all'improvviso da una piccola pianta grassa. Perché tutto può succedere, nell'apparente squilibrio anche una cosa bella.

sabato 24 febbraio 2018

SII L'ARCOBALENO NELLA NUVOLA DI QUALCUNO


Quando decisi di cambiare i colori dei nastri che legavano i miei "fiocchi di tenerezza", dal rosso e blu pensai al verde, tipico della speranza, ma una "voce fuori campo" suggerì... perché non color "arcobaleno"? Ci sono i braccialetti rossi, facciamo i fiocchi di tenerezza arcobaleno.
Bella idea...pensai, ma più che un nastro arcobaleno ne avrei usato diversi, a più colori, nel cestino avrebbero fatto lo stesso effetto variopinto e gioioso.
Ero sicura di stupire ancora, non per mio vanto, ma perché Tutti potessero sentirsi al meglio, provare pur tra cento pensieri e altrettante ansie, un breve momento di "benessere da leggenda". Uniti insieme, forti e solidali.
Un’antica leggenda colombiana racconta la storia di sette bellissime farfalle, ognuna di un colore diverso, che danzavano sempre insieme, unite da grande affetto, e dell’avventura che un giorno le trasformò in un grande arcobaleno, legandole per sempre. È una storia sull’affetto come sentimento forte e duraturo, sul superamento dell’individualismo a favore di una solidarietà degli uni verso gli altri.
Una bella immagine. Le farfalle ricorrono spesso in storie di speranza. Evocano leggerezza ed ottimismo, perché nonostante la vita di una farfalla sia breve, è bella ed intensa, alimentata com'è da tutto ciò che è colore. I fiori e l'erba, il cielo e il sole. Una meraviglia.
Sii l'arcobaleno nella nuvola di qualcuno... questo il testo di uno dei bigliettini, stretto da un nastrino bianco come il latte di mamma, scelto da una nuora "caregiver", costantemente presente ed affettuosa con la suocera...
Ma vedi un po' che cosa mi è capitato... ha detto spalancando gli occhi come davanti alla sorpresa di Pasqua, ed io con Lei...
Beh, direi proprio azzeccato! Più arcobaleno di Te... sei sempre accanto, sorridente e colorata, nei momenti bui come nei periodi incerti. Hai scelto per caso il biglietto giusto, dopo che il caso ha scelto Te.
Già. L'esperienza e ancor più l'attenzione che presto ad ogni incontro mi hanno insegnato che per disegno provvidenziale, tranne qualche dolorosa realtà, accanto a Chi vive il lungo e difficile percorso di malattia, c'è sempre la persona giusta. Capita oppure si capacita e si adatta perché ha già in sé i "colori giusti", quelli che fanno ben sperare ed accompagnano ben oltre l'Arcobaleno.

LEI... FIGLIA DI SUA FIGLIA


Gli incontri al mattino in ospedale quasi sempre diventano l'occasione per ricordare e poi riflettere. Ricordi in generale, riguardanti me o altri, alcuni assai lontani e molti riferiti al periodo di malattia.
Perchè questi ricordi? Soprattutto gli ultimi, a volte sembra che io voglia davvero farmi male, però non è così, è semplice e naturale conseguenza.
In reparto si incontrano tante mamme in trattamento, di tutte le età, ma sono quelle "grandi", avanti negli anni che colpiscono di più. A guardarle, qualunque sia la condizione del momento, immagini un tempo siano state del tutto diverse, mentre ora le vedi fragili e bisognose di cure, tenere in cerca di premure. Anche se nulla chiedono, pure se insistono a parole di sentirsi bene, i loro occhi rivelano altro. Vai pure ma... torna presto. Sto bene, non preoccuparti ché se poi fosse qualcosa ti faccio chiamare.
Sembrerebbero picchi di mal celato egoismo, è solo bisogno di vicinanza.
E la figlia... perché sono prevalentemente le femmine più presenti, accudenti, non può esimersi, non se la sente, e resta accanto con la Sua "figura" rassicurante, seduta mentre la sorveglia, indaffarata quando serve ma in punta di piedi per non disturbare.
Quello che colpisce nel guardarle è l'evidente scambio dei ruoli e nello stesso tempo la volontà di entrambe di proteggersi a vicenda.
Ed è naturale che mi torni in mente l'inizio della nota storia, quando mia figlia era diventata la madre di Sua madre, ed Io... pur angosciata, vulnerabile avrei voluto che nulla fosse per non darle dolore... non farla sentire smarrita, costretta a mostrarsi forte per darmi forza. E intanto non nascondevo l'estremo bisogno di averla sempre nei pressi, di sentirne i passi in cucina mentre preparava qualcosa per me, e di rimando diventavo pensierosa nel vederla scarmigliata mentre puliva il pavimento che io avevo sporcato di vomito.
Sono cose che non si dimenticano, stringono il cuore ma solo un po' per dolore, è invece come lo abbracciassero forte per tenerezza.
Il legame tra madre e figlio non finisce mai, neanche dopo la morte. E' nell' intercambiabilità dei ruoli ,in quel cordone ombelicale che pur discreto in realtà mai si spezza, la chiave di lettura della bellezza di un rapporto unico che non ha eguali.

giovedì 22 febbraio 2018

TU... PROTAGONISTA DELLA TUA VITA


Un altro mercoledì di pioggia, vento e freddo. Perciò nessuna uscita fuori porta, ma spazio e tempo per riflettere, ché gli spunti a saper vederli ce ne sono sempre, pure tra le righe di uno scritto capitato per caso o da una frase colta al volo vedendo un film. Già, l'avrete capito, anche stavolta, causa maltempo, ci siamo concessi il cinema a casa nostra, una bella commedia americana dai buoni sentimenti, rilassante che ad un certo però l'ha sparata lì, per bocca di un interprete, la frase che mi ha dato da pensare e che... guarda caso... mi porto dietro da una vita.
"In ogni trama c'è la protagonista e l'amica cara. Tu sei nata protagonista ma per un oscuro motivo non lo sei, per gli altri solo una buona e cara amica..."
Pare la mia descrizione, dalla nascita in poi, con sensibile pausa per la malattia, ed ora in lieve ripresa. Forse perché considerata sopravvissuta, sono tornata nella norma, e quindi al rango di Chi non fa più testo, perciò ad un ruolo di secondo piano, non proprio di comparsa ma di spalla, necessaria ma di qualche passo indietro, per carità indispensabile ripeto, però visibile dopo, quando ci si accorge della "voce fuori campo".
L'ho detto, è da una vita... brava a scuola ma seconda, ubbidiente, dolce e cara in famiglia ma scontata, persino nell'adolescenza coi ragazzi, innamorati di me e stavano con altre, perché era meglio avermi come amica. L'unico che mi guardò con occhi diversi fu quello che diventò marito, e meno male, sennò starei a sfogliare ancora margherite. Bella metafora che non mi avrebbe comunque mai vista così, dato che anche il cancro mi preferì e mi rese protagonista, in tutti i sensi. Per amore della vita decisi di diventarlo ad ogni costo, "prima donna" nella malattia, fortemente attiva condussi il gioco, recitai la parte anche indossando maschere e parrucche diverse, e paradossalmente mi conquistai la dignità. E Tutti a bocca aperta, perché non mi avevano mai conosciuta così, ed anche per stupore non vedendomi morire giorno per giorno, e al contrario prendere vita come nessuno mai.
Ora pensando che "ho le stesse probabilità di tutti", dovrei tornare tra le quinte o sotto il palco a fare da suggeritore o pure sul palco ben altro?
Ma la "storia" non è finita perchè un tumore non si conclude con un calo di sipario, si ricordano le "battute", gli "interpreti"... i "momenti significativi", e poi il grande lavoro e la fatica, perchè di seguito potesse ancora essere una "rappresentazione" migliore della vita che continua.

mercoledì 21 febbraio 2018

TU... DONO DI TE STESSO


Che poi altro non è che la vita che ti è stata data come la vivi, o meglio... la spendi.
Torna immediatamente alla mente la parabola dei talenti, una "dote" da investire con saggezza, perché non resti ferma lì, al sicuro ma senza che porti frutto.
Mamma mia... che turbinio di pensieri, e pure nel pieno di emozioni contrastanti.
Stamattina due frasi in regalo, mi sono arrivate come i fiocchi che distribuisco, così... per un caso e con un sorriso da due persone differenti.
"La Vita è un dono, non un diritto" - "Tu sei una di quelle persone che la vita ti dona, quando decide di farti un regalo".
Meravigliose entrambe, mi sono entrate dentro, ed ho capito che non è stato un caso. E' come fosse la mia storia in sintesi, con i dubbi e le risposte non sempre chiare ma comunque accettate per continuare, i deboli tentativi di ribellione, e poi la presa di coscienza e la consapevolezza di un "grande privilegio", che non puoi tenere per Te, è una "somma" di esperienze da rimettere in circolo, perché sia un bene per Altri.
Non poteva essere per caso, e infatti non è stato un caso.
Faccio quello che posso, e normalmente non mi sembra neanche tanto, a volte sono presa persino dallo scrupolo di passare per indifferente, quando so ma per discrezione, delicatezza, mi tengo a distanza, vigile coi pensieri, guardando da lontano. Questa è la mia condotta di sempre, un po' per carattere e molto per esperienza. Quando si soffre, non è per Tutti così ma succede spesso, per dignità e pure per non perdere forza, si preferisce restare nei pensieri di qualcuno piuttosto che alla Sua vista. E' una forma particolare di riservatezza ma anche speranza.
Di tutto questo sono convinta in pieno, eppure al termine di questa giornata cominciata con una "carezza", sono entrata in crisi con la mia coscienza. Una "tirata d'orecchie", forse giusta... non lo so, che mi ha fatto pensare. Io, "dono" di me stessa, presuntuosamente tenuto al buio, in un cassetto.

IN UN CRESCENDO EMOZIONALE











Foto dopo foto, si prosegue con la risposta agli stimoli, nell'immediato, ricorrendo alla memoria, ascoltando la propria emotività.
Continua l'esperienza con la IAPS (International Affective Picture System). In questo secondo appuntamento, prima di riprendere con la visione delle immagini, qualche spiegazione tecnica. Come vengono scelte e valutate le proposte seguendo dei "parametri fisiologici". La valenza o intensità della risposta allo stimolo, quindi una specie di eccitazione, ovvero una condizione temporanea del sistema nervoso, caratterizzato da un maggiore stato attentivo-cognitivo di vigilanza e di pronta reazione, e infine la dominanza, che riguarda il sistema parasimpatico, a seconda che intervenga l'emisfero cerebrale destro o sinistro.
Dieci immagini di vario genere, alcune dai colori molto vivaci, apparentemente "tranquille". Le prime sette ancora di animali. I particolari di una testa di tacchino (in generale ha procurato un senso di repulsione, schifo), una mucca al pascolo (ricordi piacevoli dell'infanzia, profumi genuini, serenità), tre cuccioli di cane (sensazioni disparate con sentimenti cotrastanti, riferimenti all'efficacia della pet-therapy), una civetta (convinzioni legate a vecchie credenze, malaugurio e morte), due conigli in condivisione (nessun ricordo o emozione particolare), un pesce che si nasconde tra parti urticanti di fauna marina (rifugio, sopravvivenza..), quattro tartarughe che si appoggiano l'una all'altra e insieme trovano scampo su un tronco galleggiante (l'insieme ha richiamato il gruppo di auto-mutuo-aiuto, quindi condivisione di uno stato e possibilità di salvarsi), Topolino e Minnie (riferimento al Carnevale appena trascorso, a quelli trascorsi dell'infanzia, divertimento e spensieratezza).
Con le ultime due foto si comincia con immagini che vedono a fuoco l'essere umano. Prese dal mondo della primissima infanzia in due diverse prospettive, la prima molto semplice ed usuale, un bambino a pancia in giù, che sorride e pare quasi in posa, in un momento qualsiasi di normale quotidianità. La seconda, più particolare e da interpretare. Un bimbo, questa volta con espressione di domanda, seduto presumibilmente sulla pancia nuda del papà, che con la mano destra lo "sostiene" e con l'altra sulla testa lo "protegge". Quest'ultima foto ha riportato a dei ricordi lontani, non per Tutti felici, c'è stato rimpianto per occasioni perdute da parte di alcuni, ma pure nostalgia per altri. In conclusione anche questo incontro è servito a conoscere maggiormente se stessi e nello stesso tempo aspetti di vita personale che hanno spiegato atteggiamenti attuali nelle relazioni reciproche.
Nei prossimi appuntamenti si proseguirà su questa strada, con immagini che si preannunciano sempre più "forti". Vedremo volta per volta dove ci condurranno.

martedì 20 febbraio 2018

SOLIDALI...?





Si, sempre. In ogni occasione e qualsiasi modo, perché se si è consapevoli di una realtà e sensibili al problema a monte, non si può non esserlo.
Intero pomeriggio domenicale impegnato a promuovere la "partenza" di un progetto alla fine realizzato. "Viaggia con noi", fu presentato esattamente un anno fa dall'Associazione, "L'Albero della Vita", nella stessa forma e coi medesimi supporti odierni, uguale la "location" e pubblico ancora più numeroso. Negli intenti degli organizzatori si trattava dell'acquisto di un mezzo di trasporto che consentisse a pazienti oncologici impossibilitati per siuazione economica o altro, di raggiungere le strutture di cura. Ovviamente c'era bisogno di fondi, una cifra cospicua, visto che inizialmente si era parlato addirittura di un pulmino, in seguito si è fatto tanto con eventi e manifestazioni per raccogliere il denaro necessario e alla fine, pur ridimensionata la pretesa a fin di bene, il progetto è diventato realtà, e una "Panda" nuova e fiammante ha visto la luce fuori dalla concessionaria, ed ora è pronta a partire.
Quindi molto si è fatto, ma tanto è da fare. Serve un programma preciso, cominciando con un'informazione estesa, dalle strutture ai singoli pazienti, e poi continuando con rigorose valutazioni e continua disponibilità. E ancora tanta comprensione e solidarietà da parte di Tutti.
Il GAMA è associazione gemellata con L'Albero della Vita, e come questa crede fortemente nella valenza della "rete" tra le varie associazioni, d'altra parte il Nostro slogan è più che esplicito... Insieme è meglio... nel piccolo tra i singoli componenti, e all'esterno con Altri per rendere concreta la speranza in campo oncologico.
Noi, volontari operativi in reparto con l'ascolto accogliamo ogni disagio, anche non chiaramente espresso. La malattia non è solo dura da accettare, ma anche da vivere nel quotidiano per tanti motivi, i tempi sono difficili, e c'è tanta gente sola che deve "elemosinare" una cortesia e poi pagarla pure...
La realizzazione di "Viaggia con noi" perciò... e non esagero... rappresenta una "svolta epocale" per la situazione oncologica della Nostra città. Era quindi giusto far festa. Cucina e spettacolo per un intero pomeriggio, iniziato con la benedizione dell'auto, e concluso con la degustazione, in cambio della modesta cifra di 2 euro, di una fetta di torta preparata da "pasticceri solidali". Un piccolo prezzo per solidarietà. L'affermazione del proprio Cuore grande.

domenica 18 febbraio 2018

CONSAPEVOLEZZA E LUCIDITA'


Premetto, ho anche condiviso le prime due testimonianze di donne famose "colpite" dal cancro e improvvisamente uscite allo scoperto, e non me ne pento, però ora mi fermo.
Primo... perché sembra un copia-incolla, tanto da confondersi tra l'una e l'altra, e poi perché non farlo allora anche per le decine di persone sconosciute al pubblico ma note ad ognuno di Noi, Voi...
Loro si che potrebbero raccontarne di cose in quanto a coraggio, dignità nonostante l'intensa sofferenza che dura da anni, e la scarsità di mezzi tale da non poter permettersi certo il lusso di una parrucca, né tanto meno la doppia cuffia refrigerante... perché ne servono due... con annessa borsa termica, per ridurre lo scempio di ritrovarsi calve in pochi giorni.
Certo che i capelli sono importanti, perché non lo sappiamo Noi che li abbiamo persi? Però con la dignità questo non c'entra. Vedo donne senza capelli, né sopracciglia né ciglia, stupende, bellissime che cercano di "accomodarsi" l'evento ed evidenziano una luce negli occhi che pare rubata alle stelle.
Nessuna/o sa, se o quando verrà fuori, non si illude ma spera, magari sogna pure... e ci sta... fa progetti... e va benissimo, però resta... perché così deve essere... coi piedi per terra, consapevole e lucido. E' questa la prima arma per combattere il cancro, convincersi che si vincono battaglie, ma la guerra è cosa lunga e difficile, e gli agguati sono sempre possibili, per cui stare in guardia ed essere sempre pronti a tornare in campo vuol dire "corazzarsi" per non farsi prendere al cuore e ancor prima alla mente.
Io dico sempre che se "parto" prima che torna, ho vinto perché l'avrò battuto sul tempo, e Chi mi ascolta riesce pure a sorridere a tale affermazione perché ne coglie l'ironia. Ecco, anche questa serve per contrastare la negatività che si porta dietro il cancro... contrastare non combattere, e il termine, "guerrieri"...? Mi piace poco, sta diventando obsoleto, e fra un po' nessuno ci crederà più.
Personalmente non mi sono mai definita una guerriera, solo una persona che ha lottato e ancora lotta con se stessa ma per imparare a vivere, valutando e scegliendo, superando le paure e affrontando qualsiasi cosa le si presenti, e lo farà questo fino alla fine della "strada".
Sono in stand by, per me... per Altri, una survivor, lungosopravvivente. Fino a questo momento, aggiungo... e finché sarà. Va tutto bene.

SINTONIE


Non finirà questo tempo vissuto in modo nuovo prima che il buon Dio decida per me che non mi dedichi più alla "cura" dell'Altro. In ogni modo e ovunque sia. Con l'ascolto e la parola, verbale e scritta... in ospedale e a casa mia, su per le scale e in strada quando incontro.
Si, mi ha preso tanto e mi prende ancora, ciò che faccio non mi piace nel senso letterale del termine, perché non può far piacere essere spettatrice di sofferenze, però mi appassiona ed è la gente che mi cattura mente e cuore. Non posso farci niente.
E pensare che un tempo evitavo luoghi ed argomento, sceglievo l'alternativa facile e a lunga scadenza, non pensarci.
Ma la Vita, che ama far sorprese, per me ne aveva in serbo una bella grossa, talmente sbalorditiva da sconvolgere sentimenti ed emozioni, reazioni ed atteggiamenti.
E così sono otto anni che dall'ospedale non sono mai andata via, all'inizio per necessità, in seguito per scelta quasi forzata, ora libera, anzi liberissima, e niente pare turbarmi oltre il dovuto.
Non è un piacere, ripeto ... a volte mi si stringe il Cuore e non so replicare, allora tengo forte una mano o azzardo una carezza se so di poterlo fare... non è un piacere affatto, però è rasserenante perché nel confronto c'è lo sforzo di superare un momento e se si riesce mi rassereno, perché finalmente vedo negli occhi dell'Altro un po' di serenità. Duri solo un attimo o il tempo che serve.
E poi... poi ci sono quegli incontri, apparentemente casuali, che si rivelano speciali ed amo definire come "sintonie". In un termine la "musicalità" che accompagna una relazione, fatta di approccio solare e rasserenante, conoscenza graduale senza atteggiamento reciproco di giudizio, pensieri e considerazioni sulla vita tanto simili. Essere sulla medesima lunghezza d'onda.
Di incontri così me ne capitano molti, ma qualcuno incide positivamente più di altri. E ce ne accorgiamo, perché appunto è cosa reciproca, perché non servono molte parole per spiegarsi, e ci si carica di entusiasmo per ogni interesse o scopo comune. Si condividono progetti, ci si mette a nudo, si rivela tra le righe di che cosa si è capaci. Grande forza e sensibilità nel continuare sempre e nonostante tutto, curando il "buono" e il "bello", ridimensionando il "difficile" e il "controverso", quelli che sono insomma gli aspetti della Vita, che va vissuta con la grande e rara capacità di essere comunque nella gioia.

ANNA MARIA


Oggi ho conosciuto un'altra persona con il "nome ricorrente".
C'è sempre un nome che si ripete tra le persone di cui fai la conoscenza, e succede talmente così spesso che finisci con l'identificare quel genere, femminile o maschile, con lo stesso nome.
Si susseguono i Michele, Antonio e Giuseppe... e poi le Lucia, Rosaria, le Anna e Maria, anzi quest'ultime più che separate, preferibilmente insieme. Si... davvero molte Anna Maria, che sia scritto staccato o insieme, sempre Annamaria sarà.
In questi otto anni ne ho conosciute davvero tante con questo nome assai diffuso, anzi per qualche tempo più di un paziente chiamava così anche me, e per amor di sintesi abbreviava pure, Anna mi chiamava ed io mi guardavo intorno, suscitando l'ilarità generale. Poi ho imparato ad accettare e a sentirmi Annamaria tra tante.
Anna Maria, e i ricordi antichi di Chi non vedo più e quelli recenti riguardanti le Amiche che incontro e frequento ancora, scorrono come foto sulle pagine di un album "vintage", roba di altri tempi ma di una tenerezza infinita.
Le "mie Annamaria". Anna che in un presepe di pastafrolla aveva trovato la serenità persa da dieci anni, e non le interessava cercare supporto se non in un sorriso purché non fosse di circostanza.
E di Anna Maria e il Suo micio bianco? Tanto a lungo cercato, così amato, compagno Suo inseparabile e conforto grande. Di Lei conservo le lunghe chiacchierate cominciate col pianto e finite sempre in una risata.
E ancora... Annamaria, tutto insieme come diceva e ci teneva tanto da buona veneziana di antico stampo. Mi stimava molto, forse troppo... quasi da far montare la testa se non l'avessi avuta ben ferma sulle spalle. Simpatica, positiva, sempre gioiosa e dallo straordinario amore per la vita.
E oggi, adesso... Anna Maria e l'orchidea che mi ha regalato, ancora lì, in un bicchiere sul tavolo del soggiorno, resiste non so da quanto. L'orchidea può, anche oltre ogni aspettativa.
Ogni incontro ha in sé qualcosa di miracoloso, pure quello odierno... con Annamaria. Sul Suo viso pallido e deluso, sfiduciato e contrito all'improvviso è spuntato un sorriso. Beh, mi sono data un po' di merito per questo, mi serve. Sapete, è per continuare a...
E sostituite pure i puntini con la speranza che serve.

giovedì 15 febbraio 2018

E' PROPRIO VERO CHE...




Un giorno non è come un altro, oggi è così e domani chissà, e persino una rondine non fa primavera... tutti modi di dire si fa per dire, perché alla fine un fondo di verità c'è sempre. Da parte mia aggiungo, ma anche questo è scontato, che nulla è più certo dell'imprevedibilità, che cambia le carte in tavola e manda all'aria i piani. Nel bene e nel male.
Questi di stasera non sono pensieri troppo seri, sono la conclusione di una giornata per tradizione dedicata all'Amore, come potrebbero accompagnare al riposo senza almeno un sorriso?
Ecco, per non farla troppo lunga e ricavarne il meglio anche per domani, dopodomani, e l'altro domani ancora, diremo che... pure all'imprevedibile, a un piano B in sostituzione di un piano A che sarebbe stato il "top", ci si adatta per serenità e soprattutto per amore, perché restare insieme è quello che conta.
L'avevamo programmato da oltre un mese, tutto perfetto, quest'anno il 14 febbraio cadeva proprio di mercoledì, e sarebbe stato uno dei "Nostri Mercoledì", l'occasione giusta per andare a Vico del Gargano di cui San Valentino è il santo protettore. Per questa data il paese fa gran festa, addobbi e luminarie non mancano, c'è la processione per le vie principali ed è allestito un mercatino di prodotti locali. E nel "vicolo del bacio", cunicolo stretto e complice, le coppie fanno la fila per suggellare pubblicamente il loro amore.
Bene... questo bel programma da brochure è andato a monte, perché... Noi che non lo facciamo mai... ci siamo lasciati imprevedibilmente condizionare dalle previsioni del tempo. E' vero che gli ultimi giorni sono stati martoriati dal maltempo, vero pure che fa freddo, però si sa anche che si può tentare e male che vada si torna indietro, con le pive nel sacco ma con la soddisfazione di averci provato.
Va be', è andata così, un po' di nervosismo all'inizio quando abbiamo visto il sole che sembrava ci facesse il verso, ma poi abbiamo rimediato altro. Un "pieno di dolcezza" per me, una passeggiata insieme, un film a casa, comodi sul divano e con la cagnolina accanto.
Un tranquillo pomeriggio da innamorati pensionati ma non in Amore.

mercoledì 14 febbraio 2018

EMOZIONARSI SEMPRE


E' inevitabile, è un emozionarsi continuo e diverso. In un contesto sempre uguale sono tante e varie le situazioni, come differentemente può essere disposto l'animo ogni giorno a seconda del momento, che non si possono non riconoscere differenze sensibili. E ci sono così attimi che vorresti essere altrove o nasconderti in un angolo aspettando che passi quel magone salito su all'improvviso, che ti ha colto inaspettatamente proprio nel giorno che ti sentivi più forte, più sicuro, più distaccato... distaccato? E come si fa, bisognerebbe essere "inanimati" nel senso pieno del termine, tuttalpiù lucidi e pure forzatamente.
Certi giorni lo percepisci nell'aria, non appena arrivi, mentre sei per le scale. Poi sfili nel corridoio, come in incognita su passerella ingrata, e la sensazione si fa più forte. Entri in una stanza, fai l'incontro che non ti aspettavi, e in pochi minuti nella memoria scorrono rapide le scene di una vita che ti è stata in parte raccontata in altri momenti più sereni, altre che ti sei trovato a vivere, per una scelta a monte. Ma visto che ci siamo... fosti davvero tu a scegliere? Perché a volte è veramente dura, come difficile è sentirsi sempre adeguati, all'altezza.
Essere di spalle e sentire dei singhiozzi soffocati, quasi silenziosi... perché, saranno pure cambiati i tempi però un uomo vero non può piangere, ne va di mezzo la dignità, la virilità, la Sua immagine e altre sciocchezze simili. Ma al diavolo tutto questo, non è ancora un uomo, è così giovane... pare un bambino, e ai bambini per fortuna è ancora consentito piangere.
Tengo a freno le mie lacrime a questo punto, e non so nemmeno se ci riesco... sento l'occhio destro appiccicoso. Non userò più quel velo di mascara con cui da allora in poi cercai di mascherare il mio dolore.

FARE GRUPPO


Ieri dicevo... sul lungomare mentre tornavamo all'auto, ha catturato la Nostra attenzione un gruppo di anatre che nuotavano raccolte nell'ampio bacino di acqua salmastra. Evidentemente anche loro avevano notato Noi, perché all'improvviso sono venute fuori come alla vista di un miraggio, perché abituate a recuperare sempre qualche briciola da Chi le osserva con tanta insistenza. Stavolta purtroppo per loro è andata male per quel verso, però è stata l'opportunità per cercare riparo tra i sassi sull'arenile prima che il tempo si guastasse del tutto.
Le guardavo attentamente, ne sono rimasta incantata. Si muovevano tutte insieme, prima in fila indiana, poi in una specie di girotondo, una beccava l'altra che rompeva la fila e alla fine allineate di fronte al mare. Tutte a guardare nella medesima direzione. Questo si, che è "fare gruppo", ho pensato, dovremmo prendere esempio dagli animali, come è pure guardare api e formiche intente all'opera, sempre insieme, sempre compatte, senza mai perdere di vista l'obiettivo. E per Noi, esseri dall'intelligenza superiore, consapevoli delle proprie scelte? Avviene lo stesso quando proponiamo di aggregarci?
Una domanda precisa...
Che senso di appartenenza ha ciascun componente di un gruppo?
Premettiamo che uno dei traguardi è il raggiungimento del giusto equilibrio tra indipendenza e appartenenza ad un gruppo. Vivere in gruppo in modo sano non è un compito semplice ed è fondamentale perché nel soggetto si formi l’identità sociale. L’Io come individualità cresce così in parallelo con un "Noi" variegato.
L’adesione al piccolo gruppo è una delle forme di socialità più comuni per l’essere umano. Il piccolo gruppo è numericamente ridotto, ma è costituito da persone che sono legate da un qualche vincolo di appartenenza. Il raggiungimento di un obiettivo o un destino comune, e in questo caso sono le vicende personali e le relazioni interpersonali ad essere talmente significative da cementare il gruppo.
Ad esempio per quanto riguarda il Nostro gruppo di auto mutuo aiuto, tanto particolare perché considerato "gruppo di frontiera", l'interdipendenza del compito e quella del destino comune si unificano in quella sola della "reciprocità". Persone che condividendo un percorso comune, un vissuto di dolore si prefiggono di arrivare comunque ad un traguardo nel migliore modo possibile.
Per questo dovrebbero essere partecipi Tutti Insieme a qualsiasi momento, difficile o gioioso del singolo. E quel singolo di rimando, sentirsi "uno del Tutto". Alla fine risulta basilare il concetto che è pure l'ideale di solidarietà tra i singoli componenti.
Credo sia opportuno prendersi cura del singolo nel singolo momento che necessita. Non è un gioco di parole e mi spiego meglio facendo riferimento al concetto di "famiglia".
Capita che un componente, soprattutto uno dei figli attraversi un periodo poco felice per un motivo qualsiasi, in questo caso come ci si comporta? L'attenzione, le cure, ogni energia saranno concentrate perché passi il momento e il soggetto non si senta solo e in un certo senso, abbandonato.
In un gruppo di mutuo-aiuto dovrebbe essere altrettanto. Stare accanto alla "creatura", soccorrerla nel bisogno. Camminare insieme "sotto la pioggia" perché il conforto sia proprio nel toccare la mano dell'altro e sentirla fradicia della stessa acqua.

martedì 13 febbraio 2018

VARIE TONALITÀ ( dall'Arte alla Natura)


Freddo intenso per questa Nostra mattinata domenicale con passeggiata fuori porta. Un vento gelido percorreva in ogni senso la campagna circostante la Basilica di Santa Maria di Siponto, costruita in epoca paleocristiana e recentemente affiancata da una struttura metallica che la riproduce. Situazione meteorologica infelice quindi, ma che non ha scoraggiato più di tanto, ogni luogo offre spunti diversi a seconda delle stagioni, quando il cielo ha sfumature di azzurro che variano col tempo bello, e le emozioni ... che sia bello o brutto... mutano di intensità per il profumo nell'aria. Poi basta volgere lo sguardo intorno, e questo attento riuscirà persino a cogliere riferimenti al giorno e al momento in essere.
E un albero monco al centro e con due soli nodosi rami fronzuti levati in alto, pare una figura con le braccia al Cielo, in atto di preghiera. Oggi, giornata dedicata al Malato, l'animo è maggiormente propenso, e il pensiero a Maria, madre ed intermediaria presso il Padre, è naturalmente più frequente.
L'interno della Basilica nella semplicità assoluta e a tratti estrema per i materiali in pratica lasciati allo stato grezzo, è comunque molto suggestivo e convincente riguardo l' "essenziale" come unico elemento valido a tutti i livelli.
Qualche scatto, molte riflessioni quali appunti per una memoria mai stanca, e poi... verso il mare.
Varie tonalità di grigio per l'ultima domenica di un Carnevale che non si lascia sfiancare da un tempo non proprio felice, dalla vicinissima Manfredonia infatti, arrivano i suoni di una cittadina in festa, il corso dei carri allegorici, musiche che si mescolano e fanno dell'intero ambiente, anche questo lontano, un immenso luna park. Voglia di distrarsi, divertirsi, non pensare prima del lungo periodo quaresimale, e non solo, anche "oasi" in un deserto di continua solitudine.
Percorrendo il marciapiede di fianco al mare che va increspandosi sempre più, prendiamo la via del ritorno, mentre un gruppo di anatre chiacchierone vengono fuori dall'acqua del piccolo bacino, tutte insieme, e tutte insieme compatte e in fila indiana si dirigono verso una serie di massi per continuare a "fare salotto". Qui, ferme... rivolgono tutte nella medesima direzione lo sguardo al mare.

domenica 11 febbraio 2018

EREDITA' DI AMORE (XXVI Giornata Mondiale del Malato)


Mater Ecclesiae: "Ecco tuo figlio... Ecco Tua madre".
E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé
Ancora una volta la figura di Maria al centro della consueta giornata dedicata ogni anno al Malato. E mentre l'ultima volta era Maria stessa, con l'episodio delle Nozze di Cana, che invitava ad affidarsi a Gesù, Suo figlio, ora è il Cristo che affida la Chiesa, rappresentata da Giovanni, discepolo prediletto, alla Madre. Ed è l'eredità della Croce, eredità di Amore. Quella croce che ognuno porta, più o meno pesante, più o meno da solo.
Con un giorno di anticipo, abbiamo celebrato oggi la XXVI Giornata Mondiale del Malato con un momento di preghiera e l'adorazione eucaristica, alla presenza dell'Arcivescovo Sua Eccellenza Monsignor Vincenzo Pelvi. Prima di questo e nell'attesa, un "tempo propedeutico", durante il quale c'è stata la condivisione di belle realtà locali, rappresentate da associazioni di volontariato operanti sul territorio. I presidenti si sono alternati nella presentazione dei propri gruppi. UAL, GAMA, AVO, AGATA, L'ALBERO DELLA VITA, le principali.
Il Vescovo ha sottolineato l'importante compito dei volontari che "accompagnano" Chi porta la croce della sofferenza, alleviando le pene dell'animo ma pure del "corpo", ricevuto in dono certamente ma perché "obbedisse" , operando nella volontà del Creatore.
E' questa una giornata speciale, Chi soffre nel corpo non può, almeno per una parte, non soffrire anche dentro di sé, per quella serenità negata, per aver perso la spensieratezza che lascia spazio solo ai crucci "semplici" di ogni giorno, per un futuro visto a malapena, sbirciato dal "buco di una serratura".
Eppure andare al di là si può, ed è consapevolezza piena, a tutto tondo. Non sarà facile, ma dove è presente Gesù
si esalta il senso della vita, prima percepito e poi del tutto acquisito mentre si vive il dolore, così che questo diventa... dono? Per non scandalizzare forse meglio definirlo mezzo, strumento. Come ogni evento della vita e tutta la Vita stessa.
Il "concetto assoluto" di Felicità, espresso nei pochi termini che maggiormente aggradano, basta che manchi una "virgola" e non funziona più, per questo non viene accettato nella sua originalità ed ognuno allora si sente "infelice nato" perché non si avvede di aver perso ciò che da sempre ha avuto.
E' in ogni uomo la potenzialità di continuare a restare sereni, le prove non mancano ma sta tutto nell'atteggiamento da assumere, paziente e non ribelle, accomodante e cauto.
Credere in "qualcosa", affidarsi a "qualcuno", fiduciosamente "accogliersi" in se stessi per adempiere alla vocazione cui Tutti sono chiamati, come i discepoli, a prendersi cura gli uni degli Altri quando sono nel bisogno, semplicemente perché Persone, in quanto Figli di Dio.

SERENO SILENZIO


E' bastato ascoltare una riflessione ad alta voce per farne scaturire altre, non in rapida successione ma in diversi momenti della giornata, diventando così una sorta di didascalia per ognuno.
Ci sono persone che non diresti capaci di trasmettere tanto, e poi basta quella riflessione ad alta voce, in essa ti ritrovi, e ti meravigli per non averci mai pensato.
In comune tra Te e quelle persone ci sono la situazione e il luogo, ci si trova di passaggio, si vivono emozioni diverse, proprie e riflesse, e alla fine c'è tutto il tempo per ragionarci su, ricavarne altre felici intuizioni ed arricchirsi.
E' la Spiritualità cosa che non necessariamente deve coincidere con il culto religioso, si può essere agnostico o ateo eppure possedere una profonda spiritualità. E' cosa naturale quasi come il respiro. Quando poi la condizione del momento concede tanto tempo per stare da solo con se stesso, è inevitabile entrare in contatto con il proprio animo e trovare qualcosa di diverso. Un sereno silenzio. Stamane un infermiere ha confidato che molte volte al mattino, prima di andare in reparto passa per la chiesa comunicante con l'ospedale. Se ne sente attratto, spinge la porta, entra e trova... sereno silenzio, assoluto e misterioso, mentre solo pochi attimi primi ha lasciato caos, rumore e voci confuse e affannate. E' pace per Lui, pochi minuti ed è pronto per affrontare le Sue ore di lavoro con la disponibilità giusta, la pazienza, il sorriso, la tranquillità che serve e tanta umanità, indispensabile cura.
Confesso che a causa dei tempi stretti non sempre, però spesso lo faccio anch'io, e provo la stessa cosa.
Mi torna il ricordo del periodo di cura, quella specie di "anno sabbatico" che mi allontanò dalle consuete abitudini, costringendomi a pensare, immaginare come sarebbe stato dopo, se un "dopo" ci fosse stato. E quando la paura mi prendeva all'improvviso, mi rifugiavo nel silenzio, lo ricreavo in me per trovare ancora la serenità e andare avanti. Continuare a vivere, sperandoci sempre.

sabato 10 febbraio 2018

PROFESSIONALITA'... QUESTA SCONOSCIUTA


Perché sconosciuta? Semplicemente perché è un termine molto in uso, soprattutto per farsene vanto, ma il vero senso insito nella parola stessa pochi lo conoscono.
Per scrupolo parto da lontano, ovvero dalla "base" e consulto il vocabolario, dove accanto a "professionalità" c'è la definizione... "la capacità di svolgere la propria attività con competenza ed efficienza". Bene, e fin qui ci siamo, ma come si verifica una tale reale capacità in campo? Chiunque può affermarla e crederci pure, ma poi varrà qualcosa questa convinzione se non si riesce sempre a sortire effetti validi?
Io credo che professionalità sia anche umiltà, pensare di migliorarsi per fare bene, e saranno poi gli Altri a giudicare.
Qualsiasi lavoro va fatto o attività deve essere svolta con serietà, rispetto del ruolo e della comunità. Non per solo guadagno o gratificazione personale, perché alla lunga è inevitabile uscire fuori dai canoni, perdere il controllo e diventare così poco o per niente professionale.
Quindi, serietà... fare quel che si deve con impegno, costanza ed amore. Certo, anche con amore. Se si è innamorati del proprio lavoro o professione, gli effetti si vedranno a lunga scadenza. L'idraulico riparerà sempre più rubinetti, non gli stessi ma diversi, si farà il buon nome, sarà contento Lui e soddisfatti gli Altri.
Poi, rispetto del ruolo, proprio e altrui. Mai uscire dalle competenze, invadendo quella di Altri. A ciascuno il suo e fatto bene, e la confusione è di certo controproducente, crea conflitti ed equivoci.
Qualche esempio. A scuola, il bidello, anche se laureato... cosa che purtroppo oggi può anche essere... non si sognerà mai di sostituirsi all'insegnante, così pure in ospedale, dove molte sono le figure in camice bianco, il medico ha il Suo compito, visita, fa le prescrizioni, consiglia... infermieri fanno la loro parte, gli ausiliari hanno altri compiti, i volontari poi accompagnano per il tempo che a loro compete, con tatto, discrezione, senza giudicare l'operato di alcuno, perché sono Ospiti che a loro volta accolgono per offrire aiuto, e nient'altro.
All'inizio della mia attività di volontariato, una volta mi fu detto che avrei dovuto essere "più professionale", perché presa da eccessivo entusiasmo per la gioia di aver superato il culmine della malattia, ogni tanto esageravo in esternazioni, parlavo delle cure per me andate a buon fine, ne parlavo con Chi non avrei dovuto, dimenticando che ognuno è un caso a sé e soprattutto, in tale circostanza, estremamente fragile e vulnerabile. Ci restai male. Professionale... io? Non era un lavoro, il mio. Eppure era così, dovevo andare seguendo il Cuore, ricordando però quanto serio fosse pure il Cuore quando porge amore.

venerdì 9 febbraio 2018

IL PROGETTO... OGNI TANTO


Già, ogni tanto mi torna forte la pressione del progetto che ho da realizzare. Perché nacque da un sogno e si alimentò di esperienza, e diventando forte ogni giorno di più coi pensieri ben merita di essere condiviso. Non ha senso un'esistenza che serve solo a se stessa. Ci credo e a tratti mi sollecito a finire, mettere un punto fermo e poi pensare magari ad altro o a qualcosa di simile, e avere così sempre un progetto in un canto, ogni tanto. Si dice che non bisogna mai rimandare, quel che viene in mente bisogna fare ora, subito... però è bello dare appuntamento a se stessi per un impegno, è un tacito e inconscio allungarsi la vita.
Tutto questo è molto stimolante. Ricordo ciò che mi fu consigliato un giorno per battere sul tempo un'eventuale depressione dopo il tumore... fissarsi delle scadenze, fare progetti a breve termine, giorno dopo giorno insomma, per non pensare.
Come se questa vita non avesse mai fine, e infatti vivendola, assaporandola poco per volta è come vederla svolgersi in episodi, a se stanti per un verso ma comunque legati tra loro, e uno dopo l'altro si aspettano con quella curiosità che fa apprezzare tutto in pieno anche se tutto non sarà stato poi così felice.
Qualche volta, ed è cosa naturale, mi ritrovo pure a considerare l'"attimo estremo", o meglio la "paura" di quel momento, e alla fine concludo che in realtà si teme quell'evento quando ci si sente ancora lontani dall'eventualità. Perché se arriva improvvisa, la Morte non dà il tempo per averne paura, al contrario nel momento che "è", l'"intensità emotiva" è tanta e tale da non accorgersene quasi e perciò non potrà mai essere temuta.
Sfatato questo mito, allora la Vita sarà ancora più bella, attimo dopo attimo, e la "gioia" come il "dolore" ne saranno episodi, con un progetto ogni tanto che ne segnerà il passaggio, manterrà l'equilibrio, mentre passeranno lasciando ricordi ed emozioni.

giovedì 8 febbraio 2018

POTENZIALMENTE...


Siamo Tutti così, potenzialmente fragili quando ci sentiamo troppo forti e potenzialmente capaci di tutto quando sembriamo deboli.
No, ma Tu sei di più... più sensibile, più profonda... sei una ricchezza.
Stamattina l'ho sentito ripetere, e ancora una volta, schernendomi ho replicato con... potenzialmente e il resto. E ne sono convinta fortemente, perché anch'io credevo di non essere all'altezza di nulla, e poi semplicemente osservando intorno, apprezzando ciò che avevo, amando la gente con affetto sincero, ho scoperto i "pensieri", ove non fossero solo lamentose banalità, ossessive preoccupazioni ma gioia condivisa a voce e con parole scritte, stimolo a guardare oltre perché nulla è come sembra. Saranno a volte pure espressione di sofferti momenti, ma proprio in quanto momenti, considerati passeggeri con spiraglio aperto alla speranza. Incoraggiamento e voglia di accomodarsi l'esistenza sempre e comunque.
Perché poi, riflettiamo... a che cosa serve preoccuparsi di non riuscire a rispettare il programma prefissato? O prendersela per un torto ingiustamente subito? O ancora affrontare il giorno che segue oggi, ogni domani senza la sufficiente curiosità che alimenta l'entusiasmo?
E' inutile, potenzialmente può succedere qualcosa che farà saltare il programma, il torto potenzialmente avrà avuto origine da un equivoco, domani potrebbe essere il giorno migliore della tua vita. Potenzialmente.
E tutto questo anche se stai attraversando un periodo poco felice. Perché niente dura per sempre, come le 24 ore sono divise per metà... giorno e notte e in fasi graduali.
Persi i capelli a causa delle terapie, indossai la parrucca intenzionata a non abbandonarla fino a quando non avessi potuto tingere i capelli. Ero convinta di averli tutti bianchi solo per qualche filo che prima si intravvedeva tra una tintura e l'altra. Poi, erano passati dieci mesi dall'inizio, una domenica mattina lavai i cortissimi ricci grigi, e mentre li asciugavo un raggio di sole li illuminò, rendendoli d'argento. Mi piacquero tanto. Il grigio degli antichi capelli era potenzialmente l'argento di quelli che ho adesso. Sono trascorsi da allora esattamente sette anni. Era il 6 febbraio 2011.
Nulla è fisso nel tempo, tutto è potenzialmente diverso, comprese le Nostre opinioni, convinzioni... pensieri.

martedì 6 febbraio 2018

DESCRIVO... PERCEPISCO... RICORDO


Oggi all'incontro del GAMA, finalmente seria intenzione di riprendere la proposta della scorsa volta, il tentativo di approcciare ad una tecnica adottata in psicologia. Ricordate...? Alla base c'è l'utilizzo delle immagini per lo studio delle emozioni e dell'attenzione, ed è denominata con la sigla IAPS (International Affective Picture System).
Per riprendere il discorso rimasto in sospeso, riepiloghiamo per sommi capi.
Si propone al soggetto una serie di foto a colori che spaziano da oggetti e scene di tutti i giorni ad altre estremamente crude o eccitanti. Si comincia di solito con immagini di animali che possono suscitare sia tenerezza che repulsione o disgusto, per poi arrivare gradatamente a quelle di corpi mutilati e nudi erotici.
Scopo e caratteristica di tale tecnica è stimolare tramite la serie di foto, emozioni che saranno spiegate dalla valenza, dall'eccitazione e dall'autocontrollo. In parole povere, con la descrizione di ciò che si vede, la sensazione provata in quel momento, e il ricordo evocato.
Proposte alla Nostra attenzione stasera, 12 foto di animali (questo infatti il primo "step"). Dallo scarafaggio al topo di fogna (repulsione e disgusto), dal cane inferocito (paura) al mite gattino e agli uccellini implumi nel nido (tenerezza), dal cane e gatto di razza (quasi umanizzati) al cavallo (senso di libertà), per terminare con i pappagalli ara e una farfalla colorata su un fiore altrettanto variopinto (serenità).
Ognuno ha descritto ciò che stava guardando, mettendo in evidenza il particolare che lo aveva colpito, poi ha espresso la percezione provata all'istante, e infine il ricordo evocato, per qualcuno addirittura accompagnato da sensazioni a livello fisico ( batticuore, aumento della salivazione, nausea).
Al termine ne è venuto fuori un quadro davvero interessante di temperamenti diversi e variegata umanità. Soprattutto si è constatato che grazie alle IAPS l'uno dell'Altro è venuto a conoscenza di fatti ed eventi che mai nessuno avrebbe pensato di raccontare, magari perché considerati poco importanti, con particolari irrilevanti, e forse pure noiosi. Ma sappiamo bene che non è così, niente della vita va trascurato, meno che mai le reazioni provate nel passato, che diventano emozioni nel presente perché rivissute coi ricordi.

lunedì 5 febbraio 2018

TANTI PASSI AVANTI - 4 FEBBRAIO 2018



Tutti Insieme per la seconda camminata non competitiva in occasione della giornata mondiale contro il cancro. Prevenzione e sano stile di vita i primi strumenti per limitare le probabilità, ottimismo e condivisione le strategie per combattere e sempre più spesso vincere. Ed è alla fine nell'abbattere un falso mito la chiave di volta.
Quest'anno c'ero anch'io, ed è stata un'esperienza coinvolgente. E nonostante la partecipazione globale delle associazioni non sia stata del tutto convincente, non ha deluso invece il tiepido sole che ha riscaldato la fredda mattinata, incoraggiando ad andare avanti fino al traguardo.
Camminare può dare la vita, mantenendola in buona salute, una seconda vita dopo aver superato un difficile percorso di malattia. Perché l'attività fisica, e in particolare camminare regolarmente e a passo veloce, è uno degli strumenti di prevenzione più efficace anche per contrastare l'eventualità delle recidive.
E' un dato di fatto, allora... il cancro si sconfigge non solo a tavola ma pure camminando.
L'Associazione Runners Parco San Felice, e il "Med Food anticancer program" condotto da Michele Panunzio, dirigente il SIAN (Serizio Igiene Alimenti Nutrizione) della Asl di Foggia hanno organizzato la manifestazione dal titolo “Contro il Cancro, la prevenzione è per sempre”. Come già detto, l'evento ha visto la partecipazione di numerose associazioni motivate dall’importanza dello stesso e convinte del messaggio da trasmettere. Hanno partecipato all'iniziativa per manifestare concreta solidarietà ai malati di cancro e alle loro famiglie. Non si è mai soli in questi casi e l’adesione delle associazioni ne è un chiaro segnale.
La seconda camminata contro il cancro, aperta a tutti, malati e non, è iniziata con il raduno in Piazza Pavoncelli alle ore 9.30, immediatamente popolata di voci, striscioni, bici e i tanti colori delle varie associazioni. Naturalmente non potevamo mancare Noi del GAMA, operativi agli Ospedali Riuniti e sempre accanto ai pazienti nelle varie fasi del percorso.
E' stata un'autentica giornata di festa che ha visto strade animate e un aspetto nuovo, più umano della città. Progressivamente al corteo principale si aggregavano altri piccoli gruppi, creando un lungo serpentone umano, gioioso e colorato che, dopo aver percorso il centro cittadino, si è spinto fino alla rotonda antistante il viale che porta alla struttura ospedaliera. Quindi si è diretto verso Parco San Felice, dove era ad attendere il traguardo, metafora felice del termine di ogni percorso di malattia. Poi sugli spalti dell'anfiteatro e al centro del parco per qualche scatto e danza in allegria.
La mattinata di festa si è conclusa con uno spuntino a base di pane integrale ed olio di oliva. Sul volto di ognuno infine un largo sorriso contagioso, come speciale e personalissimo "souvenir" da portare a casa.
Che dire? Camminare Insieme è stata un'esperienza unica, da ripetere sicuramente negli anni a venire, per continuare a dire NO al cancro, e convincersi sempre più che Tutti Insieme si può vincere.

GRAZIE PER ESSERE PASSATA


Ieri è stata la giornata dei "ritorni". Ricordi, racconto, incontri dopo un certo tempo. Proprio ieri, guarda un po', e se vero è che la Vita parla per coincidenze, chissà che cosa avrà voluto che io capissi.
Sono stata a casa tutto il giorno e ho avuto modo così di mettere in ordine le idee.
I ricordi... beh, quelli non mancano mai e se vogliamo ogni volta, anche se sono sempre gli stessi, imparo qualcosa di nuovo. 
Raccontare ha un effetto terapeutico, un po' come lo è per la scrittura, aiuta a prendere le distanze ed alleggerisce. Quando incontri Chi non vedi da tempo, invece i pensieri sono molteplici e diversi. Puoi provare nostalgia, gioia, ansia di condividere il vissuto, come pure malinconia o addirittura una stretta al cuore, quando ti rendi conto in seguito di non aver riconosciuto una persona con cui hai trascorso momenti belli e spensierati nella giovinezza. Si potrà replicare... è naturale, dopo tanti anni! Ma non è così, soprattutto per Chi ha buona memoria, è fisionomista e coglie di ogni persona pure appena conosciuta, una nota distintiva. Non lo fa intenzionalmente, succede come il vento sulla sabbia, lascia almeno una lieve onda.
A me è capitato ieri. Incontrarsi dopo 45 anni, nella stanza di un Day Hospital Oncologico e non riconoscersi?! Io non potevo sapere il nome di Chi mi era di fronte, ma Lui leggeva il mio sul camice, poi io ho chiesto il suo e neanche allora ho ricordato. E l'età...? Medesimo anno di nascita... Lui ad aprile, io a luglio. Forse se avesse specificato il giorno... perché quello del compleanno non l'ho mai dimenticato. Con gli anni mi è rimasta buona solo la memoria per i numeri... o no?
C'era comunque qualcosa in quello sguardo, un tentativo... o un'espressione. Già, quella che io chiamo la "nota distintiva", gli occhi non invecchiano mai, si può cambiare di aspetto se la testa è calva e le rughe segnano il tempo trascorso, ma lo sguardo non perde mai la vivacità di un'intelligenza brillante, la pacatezza di un animo gentile, la buona educazione conservata nel tempo.
Oggi sfaccendavo in cucina e ripensando ai ritorni e agli incontri di ieri, quel volto e nell'insieme la persona in quella situazione non abbandonavano la mia mente, poi all'improvviso come si fosse rimesso in moto un meccanismo inceppato, ho ricordato e tutte le tessere hanno trovato il loro spazio.
Io non l'avevo riconosciuto, almeno non subito ma Lui probabilmente, si... solo che da riservato come è sempre stato, non avrà voluto rivelarsi. Oppure... chissà...
Altrimenti prima che andassi via non mi avrebbe stretto forte la mano, dicendo...
Grazie per essere passata da me...

sabato 3 febbraio 2018

UN GIORNO COME TANTI


Potrà sembrare un giorno come tanti, però per noi è un giorno speciale...
Esordiva così stamattina FB nel ricordarmi che otto anni fa, proprio in questa giornata, si effettuava da parte mia l'iscrizione al suddetto social, e sinceramente e nonostante la mia memoria di ferro, se non mi fosse saltato agli occhi già di buon mattino, non l'avrei ricordato di certo. Possibile...!? Assolutamente, si. Fu mia figlia, infatti a iscrivermi, lo fece e poi me lo comunicò, lo fece perché uscissi dall'abulia in cui mi vedeva e incuriosita mi dessi non all'ippica ma a qualcosa di "curioso", nuovo per me che da sempre odiavo internet e pc, reputandoli "diavolerie devianti". Ma poi quei giorni continuarono ad essere difficili, sempre più difficili perché presa da dubbi e paure non riuscivo a decidermi, e a FB non mi dedicavo più di tanto, solo una pausa tra un forum e l'altro, passando per youtube e wikipedia, per cercare di capire e non avere conferme. Tutto sbagliato, terribilmente inutile e dannoso, meglio in quel momento sarebbe stato il social nella sua forma peggiore, comunque tant'è e anzi così fu, e il resto è cosa ormai arcinota.
Chissà perché però si è voluto che mi raccontassi di nuovo, tutta la storia dall'inizio...
Da quanto, signora fate la volontaria?
Una domanda che non mi aspettavo, quasi a bruciapelo, forse scaturita da un mio accenno tra le righe. Una moglie, inizialmente silenziosa, caregiver di Suo marito in terapia, in quel momento appisolato. Volevo risponderle in sintesi, per somme linee ma Lei incalzava con le domande, e ad ogni mia risposta che necessariamente faceva riferimento all'esperienza vissuta, gli occhi le si facevano sempre più lucidi, fino a quando dalla parola "condivisione" ha preso spunto e forza e ha cominciato a raccontare di "loro". Una bella coppia, sempre unita e forte, per Lui ora si trattava di un "ritorno", e pure anziani lo stavano affrontando con la speranza entusiasta che non muore.
Lui è bravo, tranne quando fa i capricci. Io non gliene do vinta una. Così andiamo avanti.
Ce la farete anche stavolta, dico io.
Sorrido e stringo la mano a Lui che intanto si è svegliato...
Trasmettiamoci forza, dai...
E Lei...
Fate bene a fare la volontaria, perché lo fate bene.