domenica 11 febbraio 2018

EREDITA' DI AMORE (XXVI Giornata Mondiale del Malato)


Mater Ecclesiae: "Ecco tuo figlio... Ecco Tua madre".
E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé
Ancora una volta la figura di Maria al centro della consueta giornata dedicata ogni anno al Malato. E mentre l'ultima volta era Maria stessa, con l'episodio delle Nozze di Cana, che invitava ad affidarsi a Gesù, Suo figlio, ora è il Cristo che affida la Chiesa, rappresentata da Giovanni, discepolo prediletto, alla Madre. Ed è l'eredità della Croce, eredità di Amore. Quella croce che ognuno porta, più o meno pesante, più o meno da solo.
Con un giorno di anticipo, abbiamo celebrato oggi la XXVI Giornata Mondiale del Malato con un momento di preghiera e l'adorazione eucaristica, alla presenza dell'Arcivescovo Sua Eccellenza Monsignor Vincenzo Pelvi. Prima di questo e nell'attesa, un "tempo propedeutico", durante il quale c'è stata la condivisione di belle realtà locali, rappresentate da associazioni di volontariato operanti sul territorio. I presidenti si sono alternati nella presentazione dei propri gruppi. UAL, GAMA, AVO, AGATA, L'ALBERO DELLA VITA, le principali.
Il Vescovo ha sottolineato l'importante compito dei volontari che "accompagnano" Chi porta la croce della sofferenza, alleviando le pene dell'animo ma pure del "corpo", ricevuto in dono certamente ma perché "obbedisse" , operando nella volontà del Creatore.
E' questa una giornata speciale, Chi soffre nel corpo non può, almeno per una parte, non soffrire anche dentro di sé, per quella serenità negata, per aver perso la spensieratezza che lascia spazio solo ai crucci "semplici" di ogni giorno, per un futuro visto a malapena, sbirciato dal "buco di una serratura".
Eppure andare al di là si può, ed è consapevolezza piena, a tutto tondo. Non sarà facile, ma dove è presente Gesù
si esalta il senso della vita, prima percepito e poi del tutto acquisito mentre si vive il dolore, così che questo diventa... dono? Per non scandalizzare forse meglio definirlo mezzo, strumento. Come ogni evento della vita e tutta la Vita stessa.
Il "concetto assoluto" di Felicità, espresso nei pochi termini che maggiormente aggradano, basta che manchi una "virgola" e non funziona più, per questo non viene accettato nella sua originalità ed ognuno allora si sente "infelice nato" perché non si avvede di aver perso ciò che da sempre ha avuto.
E' in ogni uomo la potenzialità di continuare a restare sereni, le prove non mancano ma sta tutto nell'atteggiamento da assumere, paziente e non ribelle, accomodante e cauto.
Credere in "qualcosa", affidarsi a "qualcuno", fiduciosamente "accogliersi" in se stessi per adempiere alla vocazione cui Tutti sono chiamati, come i discepoli, a prendersi cura gli uni degli Altri quando sono nel bisogno, semplicemente perché Persone, in quanto Figli di Dio.

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